Cosa sono i Piatti Premium? Sono semplicemente dei piatti con il prezzo più alto della categoria di appartenenza.
Qualche tempo fa mi consultai con un imprenditore della Ristorazione siciliano, Giuseppe, e mi raccontava di quanto fosse contento di esser riuscito – contro tutti i pronostici di sala e cucina – a vendere parecchie pizze “Sant’Oliva”.
Un esempio efficace di piatto Premium: la Pizza “Sant’Oliva”
La pizza in questione si presentava così: Sant’Oliva. Sei maestosi gamberoni rossi di Licata crudi sposano il carciofo spinello in olio, la stracciatella vaccina e una maionese di gambero che rende il gusto unico! Concludeva il prezzo: 20,00€.
Venti euro per una pizza, per quanto giustificati da ingredienti di altissima qualità e ricerca, possono essere molti. Eppure la pizza in oggetto vendeva, vende e continuerà a vendere. Come l’esempio di Giuseppe, e decine di altri simili, dimostrano, c’è un mercato per i prodotti Premium Price. E non averne uno a menù significa privarsi di una grande opportunità: perché se ci fosse, venderebbe!
E questo indipendentemente dalla tipologia di Ristorante e dalla fascia di appartenenza. Questo discorso è valido – e chi scrive ha avuto modo di testare e dimostrare quanto sostenuto – per ogni fascia di prezzo: dalla pizzeria più accessibile, fino al ristorante più lussuoso, c’è mercato per i prodotti Premium Price.
Perché? La ricerca della qualità: motivazioni e tendenze
La ragione fondamentale è l’esistenza di un particolare segmento di clientela che ricerca questi prodotti, indipendentemente dal fatto che si trovino in pizzeria o in un Ristorante stellato. Queste persone tendono ad ordinare il meglio. Il top di gamma. Il prodotto più ricercato, più costoso, più opulente, più… Premium.
Qualche settimana fa, durante una conferenza a Milano, il Direttore Marketing di una notissima catena di Ristorazione fast-casual, famosa per essere posizionata ai lati della stragrande maggioranza delle autostrade italiane, si trovava a sottolineare lo stesso concetto: nessuno – o davvero pochi – erano gli avventori della catena che si accontentano di un semplice panino, dell’insalata più classica o della portata più misera.
Ma sempre più persone puntano al meglio, al top! E l’indagine aveva una base dati piuttosto ampia, in grado di annullare ogni antitesi o confutazione: più di un miliardo di pasti serviti ogni anno. E il Direttore rincarava la dose, sostenendo come all’aumentare dei prezzi di alcuni prodotti non fossero diminuite le quantità d’ordine dei relativi piatti, ma anzi, fossero addirittura aumentate!
Questo perché accade? Le ragioni sono innumerevoli, ma una delle principali potrebbe riassumersi così: “in mancanza di altre informazioni, il prezzo è un indicatore affidabile della qualità di un piatto.” Solamente un pubblico esperto sa riconoscere la “qualità” in assenza di altre informazioni. Il prezzo, quando non ci sono altre indicazioni, funge da parametro piuttosto affidabile per la qualità. E così, molti clienti, si fidano ciecamente dell’unica informazione che sanno tradurre e finiscono con l’acquistare il piatto dal prezzo più alto.
Non solo piatti Premium: il ruolo del prezzo nella percezione della qualità del vino
Tempo fa lo psicologo Richard Wiseman condusse uno studio riguardante il vino. Comprò un’ampia varietà di bottiglia al supermercato locale: dal Bordeaux da 5$ a bottiglia sino allo Champagne da 50$ a bottiglia, e chiese ad alcune persone di individuare quale fosse quello più costoso. È doveroso sottolineare, prima di proseguire, come tutti i test siano stati condotti in doppio cieco, in modo che sia chi organizzava la degustazione che chi degustava fossero all’oscuro dei prezzi delle bottiglie.
I risultati furono impietosi: tra i 600 partecipanti solamente il 53% è riuscito ad individuare il vino più costoso. Avrebbero raggiunto gli stessi – identici – risultati lanciando una moneta in aria e lasciando a lei l’onere della scelta. Risultati più interessanti si sono ottenuti invece quando i partecipanti al test erano influenzati dal prezzo del vino.
Infatti, gli intervistati, quando gli si chiedeva di scegliere quale fosse il vino più di qualità tra una bottiglia di 9$ e una di 90$, inevitabilmente sceglievano quella da 90$.Ciò che non sapevano, tuttavia, è che gli organizzatori del test avevano scambiato le etichette del prezzo delle due bottiglie: la più costosa era in realtà la più economica, e viceversa. Insomma, nella stragrande maggioranza dei casi si scrive qualità, ma si legge prezzo, con sommo dispiacere di tutti gli esperti (veri e non presunti) enogastronomici esistenti al mondo.
Piatti Premium sì, ma con giudizio
La conclusione? Quando la qualità del prodotto giustifica un Premium Price, è giusto utilizzarlo, senza remore o vergogne.
Ci si potrebbe stupire di come le vendite di quel piatto, al contrario di ogni aspettativa, potrebbero aumentare, e non diminuire.