Per essere all’avanguardia nel mondo della concorrenza, ogni panificatore o pizzaiolo si impegna per migliorare la qualità del proprio prodotto. Si inventano nuove ricette, si applicano nuove tecnologie. La farina però rimane l’ingrediente principale in panificazione. E, soprattutto, dalle sue caratteristiche dipende la qualità del prodotto.
Quale farina scegliere? E come scegliere la giusta farina?
Per scegliere la farina adatta per ogni singola lavorazione bisogna valutare complessivamente tutte le sue caratteristiche. Normalmente vengono valutate soprattutto le prove dell’alveografo di Chopin e del farinografo di Brabender. Tutte le altre prove vengono lasciate in secondo ordine. Fra queste ci sono prove importantissime come l’Indice di Hagberg, il tenore in glutine ecc…
Raramente, ma è possibile che una farina abbastanza forte formi un impasto appiccicoso che si sviluppa velocemente conferendo al prodotto finale una crosta scura e una mollica appiccicosa.
Questi difetti possono essere causati da un’attività amilasica troppo alta. L’attività amilasica di una farina viene valutata attraverso un’analisi che si chiama Falling Number o indice di caduta, importantissima perché caratterizza una farina dal punto di vista fermentativo e ci dice se è panificabile oppure no.
Ma come viene effettuato questo tipo di analisi? E inoltre come vengono valutati i suoi risultati?
Il metodo del Falling Number è stato proposto dagli scienziati Hagberg e Perten, ed è per questo che a volte tale analisi viene chiamata Indice di Hagberg.
Cos’è l’indice di Hagberg
Con l’indice di Hagberg è possibile misurare l’attività amilasica dalla quale dipende la capacità di una farina di produrre zuccheri nell’impasto. Di conseguenza si può valutare l’attività fermentativa di tale farina dalla quale dipendono anche le qualità della mollica e della crosta del prodotto finito.
Le amilasi si distinguono in due tipi: alfa (α) e beta (β) e con il loro aiuto, nell’impasto avviene la reazione della saccariferazione dell’amido cioè la sua trasformazione in zuccheri.
La saccariferazione avviene più velocemente quando le amilasi sono più attive, nell’impasto si formano più zuccheri, fonte di alimentazione dei lieviti e la fermentazione di tale impasto sarà più attiva.
Attenzione alle amilasi troppo attive
Se le amilasi sono troppo attive (soprattutto le α-amilasi) creano più danni che benefici. Come mai? Perché l’eccessiva rottura dell’amido sotto la loro azione causa una diminuzione notevole di assorbimento di acqua nell’impasto rendendolo colloso ed appiccicoso. Di conseguenza, il prodotto ottenuto da questo impasto risulterà piatto e con una crosta più scura proprio perché nell’impasto si trovano più zuccheri.
Le amilasi resistono alle alte temperature e quindi agiscono anche in forno. Durante la cottura, alla temperatura di 56-60°C, l’amido si gelatinizza risultando più danneggiato e quindi più attaccabile dalle amilasi che, con l’aumento della temperatura aumenteranno la loro attività fino al raggiungimento di una temperatura ottimale oltre la quale inizieranno ad inattivarsi.
La prima ad inattivarsi sarà la β-amilasi a una temperatura di 82-84°C, l’α-amilasi invece resisterà più a lungo (97-98°C). Se però l’acidità dell’impasto è alta, le amilasi si inattivano prima.
Amilasi e mollica: come sono collegate?
Dall’attività delle amilasi dipende la qualità della mollica del pane. Essa risulterà appiccicosa se le amilasi sono troppo attive, se invece sono scarse la mollica risulterà secca e poco sviluppata.
Durante la prova Fulling Number, il campione di grano esaminato con umidità del 15%, viene macinato e setacciato per ottenere particelle dalle dimensioni uniformi perché la grandezza delle particelle influisce sul valore del “tempo di caduta”. La miscela di farina ed acqua viene posta in un recipiente di vetro chiamato “tubo viscosimetro” il quale, a sua volta, viene introdotto in un altro contenitore con acqua bollente.
Con questo metodo la temperatura all’interno della miscela raggiunge 56-60°C ottenendo la gelatinizzazione dell’amido che risulterà più facilmente attaccabile dalle amilasi. Dopo aver collocato il recipiente nel contenitore con acqua bollente, si azionano un cronometro ed un agitatore che mescola la miscela per 60 secondi. Viene misurato il tempo della caduta dell’agitatore. Tale tempo espresso in secondi è l’Indice della caduta.
Indice di caduta: cos’è?
L’indice di caduta è in relazione con la consistenza della sospensione farina-acqua, che dipende a sua volta dall’attività amilasica. Se le amilasi sono più attive l’amido degrada maggiormente e la consistenza risulta più liquida. L’agitatore, quindi, cadrà nel fondo del recipiente più velocemente. Viceversa, la caduta più lenta avviene quando la consistenza della miscela è più densa a causa dell’amido poco distrutto e questo succede quando le amilasi sono meno attive.
Una farina con attività amilasica normale deve avere un indice di caduta compreso fra 220 e 350. Se il “tempo di caduta” è inferiore a 220 la farina ha un’attività amilasica troppo alta e la causa potrebbe essere la presenza di grani germinati. L’attività amilasica può essere molto alta anche a causa dell’eccessiva umidità del grano, della farina o degli ambienti dove avviene lo stoccaggio. Anche l’eccessivo calore dell’ambiente dove viene conservata la farina può essere un fattore influente.
Utilizzare una farina con attività amilasica molto alta può creare un impasto troppo appiccicoso e il prodotto finale avrà una crosta dura, una forma appiattita e mollica umida e collosa.
Per evitare questi problemi si dovrà rinunciare all’utilizzo del malto ed aumentare quanto possibile l’acidità dell’impasto per abbassare l’attività delle amilasi.
Se il “tempo di caduta” sarà inferiore a 150 avremo una farina non panificabile. Se invece sarà superiore a 350 tale farina avrà una debole attività amilasica e il prodotto finale sarà poco sviluppato e con mollica compatta e secca. In questo caso sarà necessario aggiungere il malto all’impasto in quantità superiore rispetto al normale e prolungare i tempi di fermentazione.
Non esiste una relazione diretta tra la forza della farina ed il suo Indice di caduta, tuttavia di solito le farine più forti hanno un’attività amilasica inferiore mentre le farine deboli hanno una maggiore attività amilasica.