Quando negli Anni Ottanta giravo l’Italia per fare lezioni ai soci dei diversi consorzi sparsi nel Bel Paese rimasi molto colpito da una piccola realtà siciliana. Però era stata capace di difendere e promuovere con orgoglio e caparbietà un marchio di grande valore. Vastedda era il nome del formaggio prodotto nella punta occidentale del’isola, egregiamente valorizzato dai locali e ancora oggi uno dei prodotti siciliani più rinomati.
Da dove deriva il Vastedda?
Il Vastedda, il cui nome pare derivare dal dialetto “vasta” cioè “guasta”, appartiene alla famiglia dei formaggi prodotti con latte di pecora conosciuti fin dai tempi dei Greci e forse ancor prima dai Fenici, antichissimi abitanti di quelle terre meravigliose il cui passaggio è ancora oggi testimoniato da imponenti rovine.
Questo formaggio è prodotto un po’ ovunque in tutta l’isola ma quello più conosciuto è il Vastedda della Valle del Belice che dal 2000 è protetto da una D.O.P. e un Consorzio che ne tutela la produzione e la valorizzazione promuovendo il sostegno di tutte le realtà produttrici dei territori geografici dove vengono allevati gli ovini che concorrono alla produzione del latte per la trasformazione di questo formaggio.
Il Vastedda della Valle del Belice si ottiene da latte intero crudo delle pecore di razza Valle del Belice. Vengono alimentate al pascolo o con foraggi freschi, fieno e paglia. È uno dei pochi formaggi appartenenti alla classe delle paste filate ottenuto da latte ovino. La filatura del latte di pecora infatti è particolarmente difficile e richiede, oltre alla professionalità, una manualità, delicatezza e cura meticolosa.
Le caratteristiche del Vastedda
Il Vastedda presenta interessanti qualità organolettiche e il suo contenuto proteico supera, in media, quello di altri tipi di formaggi ovini. Questo del Belice ha il sapore tipico dei formaggi di pecora freschi, un po’ aciduli, ma non piccanti, con un estrema gradevolezza e aroma. Può essere consumato sia da solo con qualche goccia di olio ed origano, oppure accompagnato da salumi tipici e da vini siciliani quali: Nero d’Avola, Syra, Merlot.
Essendo a pasta filata viene anche considerato quasi una mozzarella ovina e pertanto utilizzato nella preparazione di focacce, pizze e piatti locali. Il formaggio Vastedda del Belice DOP si presenta a forma cilindrica con un diametro di 10-15 cm. e uno scalzo convesso di 4-5 cm. con una crosta liscia, compatta, di colore bianco avorio. La pasta interna è di un bianco liscio marmoreo, senza granulosità, occhiature e trasudazione.
Un formaggio fresco e fragrante
Consumato fresco, questo formaggio ha un profumo fragrante e suadente tipico del latte fresco di pecora. Un sapore dolce-leggermente acidulo e gradevole con sottofondo di erbe della Valle del Belice come graminacee e valeriana. Per la sua particolare tecnica di lavorazione questo formaggio presenta qualità organolettiche molto interessanti. Infatti per 100 gr. di prodotto ha un contenuto di grasso di 22-23 gr. con una umidità del 53%. Le proteine sono molto alte (circa 26 gr.) proprio perché dilavando il grasso durante la filatura queste aumentano in percentuale.
Siamo quindi difronte ad un eccellente fonte di principi nutritivi ed in particolar modo di vitamine liposolubili e di sali minerali quali fosforo, calcio, potassio, magnesio e zinco.
Tecnica di produzione
Il latte intero crudo delle pecore di razza Valle del Belice e dei suoi incroci, viene riscaldato a 38°C circa e coagulato con caglio in pasta di agnello o capretto. Come specificato nel disciplinare di produzione, tutte le materie prime devono provenire dalla zona indicata. Col chiaro intento di far prevalere su tutto la tradizione e il legame col territorio.
Dopo l’aggiunta del caglio e mescolato il tutto omogeneamente, si lascia a riposo per 40-50 minuti circa affinchè il coagulo sia consistente. Si procede al taglio della cagliata con un attrezzo metallico a corde tipo chitarra, si lascia riposare tutta la massa per 20 minuti, si aggiunge un po’ di acqua calda e si rimescola con una rotola per qualche minuto.
La massa viene quindi trasferita in contenitori di giunco (fuscelle) e lasciata riposare. Quando il tecnico casaro ritiene di aver raggiunto la giusta acidificazione, si estrae la massa caseosa. Dopo averla tagliata a fette sottili, viene posta in un tino di legno (piddiaturi) o di acciaio dove avviene la filatura del formaggio tramite l’aggiunta di acqua molto calda (80 – 85 °C).
E poi?
Con una pala di legno la pasta del formaggio viene modellata e posta su degli spessori o tavoli di legno (tavuleri) dove successivamente, formando delle trecce, viene posta in forme di ceramica o su dei piatti con il fondo.
A questo punto la cagliata si assesta prendendo la forma del piatto-stampo. Rivoltata alcune volte nell’arco di 7-8 ore viene ad assumere la caratteristica forma a focaccia. A questo punto i formaggi vengono salati in salamoia per qualche ora a seconda del peso (compreso tra 600 e 800 gr.). Successivamente posti in locali freschi ed asciutti pronti per il consumo il giorno seguente.
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