Prezzo e profittabilità: guadagnare facendo risparmiare il cliente

Lorenzo Ferrari

Lorenzo Ferrari

Uno dei capisaldi del Metodo MENUENGINE è il seguente:
 
“Se si incentiva la vendita dei piatti dall’alta marginalità e dall’alta popolarità, si guadagnerà di più e al contempo saranno più felici i clienti.”

 
Questo, spesso, viene letto in chiave negativa.
 
Infatti, molti ristoratori pensano che incentivare la vendita dei piatti dalla marginalità più alta equivalga ad incentivare la vendita dei piatti più costosi, quindi ad andare contro gli interessi dei clienti. Dopotutto, loro pensano, se il cliente sceglie piatti dalla marginalità più alta si troverà poi a spendere di più, e questo si ripercuoterà sulla mia attività in modo negativo.
Questo è un ragionamento errato, e voglio spiegare il perché con un esempio.
 
Nel 2017 mi trovai ad ingegnerizzare il menù di una catena, della quale ben presto sentiremo parlare, di sushi-bar milanesi.
 
Il loro grande punto di forza erano certamente gli Uramaki, dei “roll” di riso con dentro leccornie provenienti da ogni parte del globo.
 
Di questi, due in particolare catturarono la mia attenzione: l’Uramaki California e l’Uramaki con Tonno piccante.
 
Viste le vendite ingenti di entrambe le voci, la domanda era una sola: “Quale conveniva vendere?”
 
Solo i numeri ci avrebbero detto la verità.
 
Nel proseguo, per tutelare la loro privacy e i loro dati sensibili, utilizzerò dei dati fittizi, pur mantenendo inalterato il senso del discorso.
 
L’Uramaki California aveva un Food Cost di 0.86€ e veniva venduto a 8,50€, quindi con una marginalità di 7,64€. Ogni volta che i nostri amici si trovavano a vendere uno di quei piatti, il loro guadagno lordo era cioè di 7,46€.
 
L’Uramaki con Tonno piccante aveva un Food Cost di 2,90€ e veniva venduto a 9,50€, quindi con una marginalità di 6,51€.

prezzo
Insomma, nonostante l’Uramaki con Tonno piccante avesse un prezzo di un euro superiore dell’Uramaki California, aveva una marginalità di un euro inferiore!
 
Praticamente, ogni volta che i nostri amici incentivavano la vendita del piatto dal prezzo più alto – pensando di agire nell’interesse della loro azienda – finivano in realtà con il creare un duplice danno:
 
1) andavano contro l’interesse del cliente, facendolo spendere di più;
 
2) andavano contro il proprio, di interesse, vendendo un piatto dalla profittabilità più bassa!
 
In poche parole: il cliente spendeva di più e loro guadagnavano di meno!
E contando che di questi due piatti se ne vendevano, complessivamente, quasi 20.000 unità ogni anno… è facile scoprire come il danno economico fosse davvero ingente.
 
Questo è il classico esempio in cui l’interesse di un ristoratore in realtà combacia con quello del proprio cliente.
Ma, presi dalle mille peripezie quotidiane, non è semplice accorgersene. E non se ne sarebbe accorto nemmeno chi scrive, pur facendolo di mestiere, guardando superficialmente il loro menù.
 
L’unica occasione per accorgersene è stato “sbirciare” i loro numeri e capire dove stava l’inghippo.
 
Quindi il consiglio più importante che possiamo trarre da questa faccenda è il seguente:
 

Non concentrarti sul prezzo più alto, concentrati sempre sulla marginalità più alta!”

 
Prezzo e profittabilità sono due variabili diverse, e non è detto che siano correlate proporzionalmente! Non è detto quindi che un piatto dal prezzo alto abbia una profittabilità alta. Così come non è detto che un piatto dal prezzo basso abbia una profittabilità bassa!
 
Impara a riconoscerle, e ti accorgerai che il tuo cassetto, e le tue finanze, ne gioveranno!
 
Leggi anche “Il metodo di Lorenzo Ferrari per rendere il nome di un piatto unico e memorabile” 
 
 


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