I vini della Campania: un tesoro inestimabile dalla grande varietà

Praticamente impossibile sintetizzare in un articolo tutti i vini della Campania e così la ricchezza vitivinicola di questa Regione.

I vini della Campania sono molti e le motivazioni sono diverse. Una su tutte, è la grande varietà orografica. La Campania ha un territorio prevalentemente collinare (per il 50%) e montuoso (per il 30%). Ma ha anche un sottosuolo ricchissimo, vulcanico e tufaceo, nonché delle splendide rinomate propaggini che si allungano fino al mare.

Campania

La Campania ha anche una particolare collocazione geografica. Grazie a questa caratteristica, fin dai tempi dei Greci, divenne territorio privilegiato per la diffusione delle vitis vinifera. A testimonianza di ciò, anche i nomi dei territoriali più diffusi in Regione. Ovverosia: Aglianico, Greco, Fiano, Falanghina, Biancolella e Piedirosso, tutti di origine ellenica. Infatti, in testa proprio l’Aglianico o “ellenico”.

Successivamente, la Campania divenne Campania Felix sotto Roma e il suo territorio inglobò anche una parte dell’attuale Lazio. Nella fattispecie fu l’Impero Romano a sancire l’inizio di una rinomanza che esplose durante il Medioevo.
vini della campania
Prima con vini della Campania quali Caleno, Faustiniano e Falerno. Poi, grazie soprattutto alla grande acidità dei vitigni locali, la situazione cambia. Dal 1300 in poi, con in testa proprio l’Asprino, la Campania divenne il punto di riferimento, anche internazionale, per la produzione degli spumantizzati. Uno spolvero che durò almeno fino al 1700.

Ma i vini della Campania non finiscono qui. Attualmente la Regione è senza alcun dubbio, grazie alla sua biodiversità, la terra dei vini territoriali. Questi vini sono censiti in oltre 100 (record assoluto). Inoltre, i circa 25.000 ettari vitati (con zona di produzione per eccellenza l’Irpinia, nei dintorni di Avellino, terra di Taurasi DOC) si declinano in 4 DOCG, 14 DOC e altre 10 IGT.

vigneti campania taurasi

Anche se, devo dirlo, il lavoro più interessante, e insieme meritevole, che si sta svolgendo in Campania in questi ultimi anni è la riscoperta dei territoriali. Tra cui i vari Coda di Volpe, Pellagrello Bianco, Biancolella, tra quelli a bacca bianca. Ci sono anche Piedirosso, Pellagrello Nero e Casavecchia tra i neri, ora vinificati anche in purezza, che stanno dando risultati entusiasmanti.

Del resto, come premettevo, il territorio è talmente sfaccettato e ricco, da un punto di vista enoico, che davvero si rischia di rimanere sopraffatti. Da una parte il mare: Ischia, Capri e penisola sorrentina. Dall’altra il Vesuvio, regno incontrastato della splendida Lacryma Cristi. Poi ancora la provincia di Caserta, di Benevento (i colli del Sannio), la Valle Caudina, la zona di Aversa.

 

I consigli di Luca Gardini

Per arrivare agli assaggi, come detto, la grandissima varietà vitivinicola della Campania rischia di impacciare chiunque voglia cercare una sintesi. I vini della Campania sono tanti ed è un peccato non citarli tutti.

 
Il Fiano Campania IGT “Don Andrea” Santacosta 2018

Ma una cantina che mi ha colpito, e che propongo sempre volentieri, è quella della famiglia Pagano. Ovverosia Santacosta, che si occupa da 40 anni di promuovere la vocazione di una regione vitivinicola, il Sannio, meritevole di essere inclusa tra le “grandi”. Letture molto nitide da vigne antiche e nuove, con vitigni territoriali ed internazionali, il tutto in un areale di grande vocazione. Vi propongo un classico della produzione, il Fiano Campania IGT “Don Andrea” Santacosta 2018. Ha bocca floreale e fruttata, cedro e chinotto in testa, ed insieme rosmarino, liquerizia amara. Alla bocca torna l’erbaceo, successivamente la macchia mediterranea, con ottima persistenza.

 
Il Furore Bianco Fiorduva 2017
Il Furore Bianco Fiorduva 2017

Spostandoci proprio in zona macchia mediterranea, ci lanciamo nello spettacolo della Costiera Amalfitana. La cantina di Marisa Cuomo, 22 ettari strappati all’asprezza del territorio, che in quella zona significa un ingegnoso sistema di terrazzamenti a strapiombo sul mare, è la fucina di una serie di etichette di fortissimo impatto emotivo. Questo Furore Bianco Fiorduva 2017, blend di Ripoli, Fenile e Ginestra, è il classico nomen omen. In una parola, sconcertante. Da uve lievemente surmaturate e raccolte a mano. Poi tre mesi in barrique, naso di cedro, macchia mediterranea, alla bocca salino, minerale, di grandissima persistenza e croccantezza. Uno dei bianchi migliori in Italia.

 
Il Taurasi Radici 2015

Per finire il nostro viaggio tra i vini della Campania, facciamo volentieri un salto al centro della produzione dell’Aglianico, ovverosia in Irpinia. Mastroberardino, il sogno del mai compianto abbastanza Antonio, è una cantina che ha fatto la storia della viticoltura campana, per tutti i suoi 140 anni. Il Taurasi Radici 2015 si conferma prodotto di riferimento in Regione. 24 mesi in barrique, ciliegia sotto spirito e spezie fresche al naso, alla bocca è di una potenza travolgente: ampio, vellutato e croccante, uno di quelli che si meritano appieno il soprannome di “Barolo del sud”.


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