Essere ristoratore nel 2020 non è semplice. Al tempo del Coronavirus c’è da mettere in preventivo il brusco calo di fatturato durante le settimane di lockdown, l’aumento dei costi per sanificare il locale, il costo per l’acquisto di guanti e mascherine… e le multe, che sono dietro l’angolo! Ristoranti, Coronavirus, multe: facciamo chiarezza.
Le regole da rispettare (e da far rispettare)
Incorrere in una sanzione è facile. Perché? Perché bisogna stare attenti a come si comporta il personale e a come si comportano i clienti. Le regole sono ferree: si parte dall’informativa sulle misure di prevenzione da mostrare ai clienti. Le indicazioni devono essere comprensibili anche ai clienti stranieri che non hanno dimestichezza con l’italiano. Poi c’è la misurazione della temperatura, che di fatto impedisce l’accesso a coloro che hanno più di 37,5°C. Sempre a disposizione, dicevamo, devono esserci i prodotti igienizzanti, fruibili all’ingresso e in altri punti del ristorante (devo esserci anche vicino ai servizi igienici).
La prenotazione diventa importante, quasi fondamentale. L’ingresso deve essere contingentato, con privilegio a chi ha telefonato prima del pasto. L’elenco non va cestinato a fine servizio: è necessario conservarlo almeno 14 giorni. Vige inoltre il divieto di far accedere ai locali più clienti di quanti siano i posti a sedere (i tavoli vanno debitamente distanziati). Il ristorante ha un dehor esterno? È preferibile sfruttarlo al massimo. Il locale non ha posti a sedere? Gli ingressi vanno monitorati e bisogna far sempre rispettare almeno 1 metro di distanza tra un cliente e l’altro. Buffet? Non se ne parla, per ora.
Non lo abbiamo detto, ma con il caldo gli impianti di condizionamento non possono usare la funzione di ricircolo dell’aria.
“I pubblici esercizi hanno un’unica priorità: riportare le persone nei locali garantendo loro il massimo della sicurezza e della convenienza”, ha riferito il vicepresidente vicario Fipe, Aldo Cursano. A queste condizioni è difficile, le regole sono stringenti.
Multe fino a 3.000 euro per chi non rispetta le regole
I controlli ai ristoranti, bar e pizzerie sono affidati alle forze dell’ordine: polizia, carabinieri, finanzieri e polizia locale. Le sanzioni partono da un minimo di 400 euro e arrivano, nei casi più estremi, fino a 3.000. Non solo. C’è la possibilità di vedersi sospesa temporaneamente la licenza, con relativa chiusura dell’esercizio commerciale. Emblematico è stato il caso del barista di Pordenone, multato per aver scattato una fotografia con i propri dipendenti (con mascherina, ma senza distanza interpersonale).
Mascherina sì, mascherina no
Chi deve indossare la mascherina e quando? Il personale che lavora a contatto con i clienti deve sempre indossare la mascherina e deve lavarsi le mani continuamente. Prima di servire ad ogni tavolo è necessario igienizzare le mani con una soluzione idro-alcolica. Anche i clienti sono tenuti ad indossare la mascherina quando non sono seduti ai tavoli, viceversa la possono togliere quando sono pronti a mangiare.
Il banco cassa può essere dotato di barriere fisiche in plexiglass, oppure il personale deve indossare la mascherina e passare il gel per le mani. I pagamenti con la carta sono da preferire, meglio se viene portato il POS al tavolo.
“Prima si parte, prima si comincia a perdere”
“Ho sentito tanti ristoratori – ha spiegato Enzo Vizzari, direttore delle Guide L’Espresso ha dichiarato a Cronachedigusto.it – da grandi a piccoli, titolari di ristoranti più o meno importanti, quelli che si dimenavano e si agitavano perché volevano riaprire i loro locali. Io, e ne sono convinto anche adesso, dico che prima si riparte, prima si ricomincia a perdere. Intanto, il numero ridotto dei coperti. E poi togliamoci dalla testa che per la gente tornare al ristorante sia una priorità. Ci sono meno soldi e, da tenere in considerazione, e anche le riserve psicologiche. Mi viene difficile immaginare che ci sarà la coda fuori dai ristoranti”.
Ristoranti, Coronavirus. Chi ha riaperto
Molti ristoranti, anche rinomati, sono rimasti chiusi: Gianfranco Vissani, ad esempio, non sa se e quando riaprirà il suo “Casa Vissani”. Ma c’è anche chi è ripartito: è il caso del ristorante “Da Vittorio” a Brusaporto, in provincia di Brescia. Lo chef Cerea ha organizzato cene su due turni per coprire al meglio la sala, nella speranza di raggiungere i numeri di prima, anche se i tavoli sono la metà.
Sulla vicenda Ristoranti – Coronavirus sono intervenuti chef del calibro di Alessandro Borghese, Carlo Cracco e Filippo La Mantia, esponendo dubbi e perplessità.
Secondo un’analisi Fipe-Confcommercio, a riaprire da subito sono state il 50-60% delle aziende. Le riaperture si prevedono graduali, ed entro l’inizio di giugno la percentuale di riaperture nella ristorazione dovrebbe salire fall’85-90%. E noi? Torneremo al ristorante come un tempo?