Chi è Silvia Federica Boldetti? In questa intervista, Silvia Federica si racconta, spiegandoci da dove è partita e dove, un giorno, arriverà. Pastry Queen nel 2016, Campionessa del mondo di pasticceria, Maestro AMPI… Silvia Federica non riesce a stare ferma e, con lei, anche la sua creatività.
L’intervista a Silvia Federica Boldetti
Oggi sei una pasticciera di successo. Raccontaci da dove sei partita…
Sono partita da ciò che mi piaceva fare e dall’idea di non voler trovarmi intrappolata in lavoro che non mi piacesse chissà fino a quale età: avrebbe significato letteralmente buttare un terzo della mia vita. Mi sono laureata con lode in una triennale di economia/legge. Per la specialistica in scienze gastronomiche ho scelto di fare ore di stage in Cast Alimenti, facendo non solo le ore richieste per la discussione della tesi, ma un anno intero. Da lì ho proseguito nel mondo della pasticceria.
Si crede che in molti ambiti essere donna sia uno svantaggio, che ostacoli hai trovato nel tuo percorso?
Finché ci sarà qualcuno che farà distinzione tra il ruolo dell’uomo e della donna e che pensa che “in molti ambiti è uno svantaggio essere donna” continuerà ad essere un problema reale. Mi sono sempre reputata un essere umano al pari di qualsiasi altro, a prescindere dal sesso. E forse è per questo che non mi sono preoccupata di eventuali possibilità di ostacolo, battutine, o discriminazioni.
Cosa significa per te essere una pasticciera?
Significa fare un lavoro come tanti, ma scegliere ogni giorno di fare ciò che mi piace investendo il tempo nel lavoro e non sacrificandolo per un mero compenso economico. Non sono una pasticciera “classica”, non ho un mio locale, né lavoro in una pasticceria. Mi sono creata il mio universo. È un settore ancora poco regolato e sacrificare tutto il tempo che abbiamo per orari non definiti, senza poter vedere crescere i propri figli, non fa per me. Ho trovato la mia dimensione, e ne sono felice. Prima di essere pasticciera sono Silvia, una persona con sogni e passioni che non possono, per fortuna, ridursi alla definizione di “pasticciera”.
Hai trovato sostegno nel portare avanti la tua attività oppure c’è stato chi ha cercato di fermare il tuo sogno?
In qualsiasi attività, di ogni genere, c’è competizione e invidia. E anche condivisione. Sta a noi reagire in un certo modo ed è quel nostro modo di comportarci che ci porta al successo o al fallimento. Ho sempre pensato che chi ti rema contro sia il propulsore del successo, perché è chi può darti la carica e non mollare. Non sono mai stata sostenitrice dell’avere la pappa pronta: le spinte, essere fratello o figlio “di” senza metterci del proprio. C’è stato sia chi ha cercato di mettermi i bastoni tra le ruote e che tuttora lo fa, sia chi mi ha appoggiata e sostenuta. E va benissimo così.
Cosa significa per te essere una rappresentante del mondo femminile nella pasticceria?
Non so se definirmi rappresentante di qualcosa. Nel mio piccolo cerco di trasmettere quello che so e l’amore che mi muove nel fare ciò che faccio. Vorrei trasmettere che la pasticceria non è complessa, che è molto più semplice di quello che sembra e che bisogna smettere di aver paura di non farcela e sbagliare. Così è nata “Pasticceria in Pillole”, la rubrica nella pagina instagram omonima che curo ogni giorno, proprio per trasmettere tutto questo.
Quali sono stati gli elementi essenziali che ti hanno portata alla vittoria del campionato mondiale femminile di pasticceria?
Tutto è essenziale, ogni passo fatto dalla decisione di gareggiare, allo svegliarsi tutti i giorni per allenarsi con costanza. A differenza di quanto spesso si crede, penso che chiunque possa fare e vincere un campionato del mondo. È davvero un’impresa, ma il mix perfetto sono le idee, tanta tanta perseveranza, convinzione e una propensione al “non mollare”, al fare il meglio che si può, gareggiando contro se stessi e non contro gli altri.
Come spesso dice Massari, il vero campionato del mondo è mandare avanti la propria attività ogni giorno.
Crediti foto: Cesarin
Nel 2018 è uscito il tuo libro “I giorni che non conto più”. Come è nata l’idea di questo libro?
Il libro è un romanzo, nulla a che vedere con il mondo della pasticceria. È stata la mia terapia per un periodo parecchio buio dovuto ad una relazione finita all’improvviso. Al ritorno dal Cammino di Santiago ho cominciato a scrivere e mi sono trovata un libro tra le mani: è una parte della mia vita che non vorrei mai scordare. Cadere significa trovare il terreno su cui darsi la spinta per risalire. E per me, quella forza è stata fondamentale.
Sei, quindi, più pasticciera o più scrittrice?
Entrambe e nessuna delle due. Mi piace scrivere perché è forse il modo migliore che conosco per esprimermi, mi piace fare dolci perché è pura creatività.
Nelle tue creazioni c’è qualche elemento o artista che ti hanno ispirata?
In realtà no, tutto e nulla. Ogni cosa che ci circonda può essere fonte di ispirazione: un artista, un tramonto, un odore, un viaggio. Il bello della pasticceria è proprio questo: puoi trasformare gli ingredienti in qualsiasi altra cosa senza nessun vincolo o limite.
In televisione spopolano programmi tv dedicati alla pasticceria e ai dolci, cosa pensi dei format proposti?Come ogni cosa, c’è una doppia faccia della medaglia. Da una parte contribuiscono a creare una cultura gastronomica. Ma la tv, si sa, è spettacolarizzazione e i concorrenti sono prima di tutto personaggi che attraggono audience prima del resto. Ne deriva la creazione di figure che spesso non sono conosciute dal pubblico per le loro effettive capacità e competenze. Possono essere professionisti importanti e stimabili che si meritano tutta la popolarità che acquisiscono, ma anche persone che fino al giorno prima facevano tutt’altro e il giorno dopo diventano maestri e chef solo perché il pubblico li riconosce come vip senza comprenderne il valore professionale. Si sa, spesso il fumo copre la sostanza, ma è la base della nostra società in molti aspetti.
Crediti foto di apertura: Chocolate Academy Milano