È notizia fresca quella della presentazione della candidatura della cucina italiana a patrimonio immateriale dell’umanità all’Unesco. Eppure la grande cucina del Belpaese è oggetto di polemiche in questi giorni. Polemiche scatenate dal quotidiano americano Financial Times che ha attaccato i fondamenti della nostra cucina. È stato proprio Alberto Grandi, storico dell’alimentazione e docente all’università di Parma a “smentire” le origini della cucina italiana con le sue dichiarazioni al noto quotidiano.
L’attacco di Alberto Grandi alla cucina italiana
“Un attacco surreale ai piatti simbolo della cucina italiana” è il commento che arriva da Coldiretti. Grandi infatti asserisce convintamente che il vero parmigiano si produca nel Wisconsin. Stando alla sua ricostruzione, le forme di parmigiano pesavano meno fino agli anni ’60 ed erano riposte in una crosta nera. Quello che conosciamo oggi, quindi, è un parmigiano “moderno”. Quello vero, secondo lo studioso, lo producono nel Wisconsin. Qui si è insediata una comunità di italiani di Parma agli inizi del XX secolo. E proprio nel Wisconsin hanno iniziato a portare avanti la tradizione a differenza dell’Italia dove la ricetta si è modernizzata.
Ma l’intervista ad Alberto Grandi non si è limitata solo a questo. Parlando del panettone, Grandi racconta che nel XX secolo si trattava di un pane piatto sottile e duro per i poveri e senza non aveva collegamenti con il Natale. È stato Angelo Motta, negli anni ’20, a introdurre un nuovo impasto e una nuova forma. A distanza di 50 anni, le pasticcerie lo hanno trasformato in un prodotto artigianale. E per rimanere in tema dolci parliamo del tiramisù. Secondo il docente, si tratterebbe di una invenzione degli anni ’80. Le prime tracce di questo dolce compaiono da quell’anno in poi, considerando anche che il mascarpone non si trovava fuori Milano prima di quell’annata.
Passino le polemiche sui dolci, ma su pizza e carbonara…
E anche i cibi simbolo della cultura gastronomica italiana sono finiti nel mirino di Alberto Grandi. Stando alla ricerca di Grandi la prima pizzeria è stata aperta a New York nel 1911. I soldati americani arrivati in Sicilia nel 1943 erano stupiti di non trovare pizzerie in Italia. E parliamo della carbonara? Secondo lo studioso, l’iconico piatto non sarebbe nato nel XVIII secolo per nutrire i carbonai, bensì durante la seconda guerra mondiale per sfamare gli americani. L’idea era quella di mescolare la loro colazione con la nostra pasta.
La prima carbonara risalirebbe al 1944 per mano di Renato Gualandi. Se oggi la carbonara si prepara con uovo, guanciale, pecorino romano e pepe, nelle ricette “antiche” compaiono il prosciutto, i funghi, la pancetta. Il guanciale sembra essere subentrato negli anni ’90.
Grandi fa cadere il mito della tradizione culinaria
Ci tiene a precisare il professor Grandi che le sue dichiarazioni mirano a sfatare alcuni miti della tradizione culinaria italiana. Non vuole distruggere, quindi, la cucina italiana. Coldiretti precisa che l’articolo pubblicato da Financial Times potrebbe avere conseguenze negative sulla nostra economia. Questo aggraverebbe le già troppo diffuse imitazioni del made in Italy che danneggiano la nostra offerta gastonomica.
Secondo l’associazione l’agropirateria mondiale di prodotti italiani ha raggiunto un fatturato di 120 miliardi con imitazioni di parmigiano, pecorino, gorgonzola ma anche di San Daniele, di mortadella. Proprio per difendere questa tradizione è nata l’idea della candidatura a patrimonio dell’Unesco.