Negli ultimi anni l’enogastronomia è diventata uno dei valori più importanti che determinano la scelta della destinazione dei viaggi. Sono stati fatti molti passi avanti in Italia per quanto riguarda la promozione del turismo enogastronomico, ma ancora tante sono le iniziative da attuare per tutelare l’italianità dei nostri prodotti all’estero (e non solo) e contrastare l’Italian Sounding.
Quanto ancora c’è da fare per la tutela del Made in Italy in Italia? Quali strategie attuare nel mondo perché l’agroalimentare e la filiera possano essere difese? È un gioco che racchiude tutti i protagonisti del settore, dai produttori, agli chef, ai cuochi che utilizzano il Made in Italy ogni giorno nei loro piatti, ma grande responsabilità deriva dalle istituzioni.
L’avvocato Marco D’Amico, esperto in diritto e sicurezza agroalimentare, ne parla in questo dettagliato articolo.
Ma cosa si intende per “Italian Sounding”?
Il fenomeno della contraffazione alimentare è ormai alla luce del sole, nel mondo il valore dell’Italian sounding agroalimentare è salito a 120 miliardi di euro. Con l’accezione “Italian Sounding”, si inquadra un fenomeno che si estrinseca nello sfruttamento della reputazione e dell’attrattività che un prodotto agroalimentare Italiano possiede nel mondo. Tale sfruttamento si opera attraverso l’utilizzo di denominazioni e segni che evocano l’Italia con lo scopo di promuovere la commercializzazione dei locali all’estero [1].
Recentemente si è registrato un aumento delle contraffazioni soprattutto negli Stati Uniti, in Canada e in molti altri paesi europei. Coloro i quali sono più sfavoriti da questo meccanismo sono da un lato i produttori italiani, costretti ad abbassare i prezzi danneggiando così una parte molto consistente della nostra economia, ma dall’altro lato i consumatori, ai quali vengono proposti prodotti di più bassa qualità.
Ecco che “si perde così quello che è, ancora oggi, un fortissimo segno di identità e distinzione territoriale, ma anche uno dei pochi baluardi in tempi di crisi: le multinazionali trovano ancora estremamente appetibile l’industria agroalimentare italiana, tuttora forte nelle esportazioni, rispetto ad altri settori industriali”, lo afferma Raffaella Saso in un articolo dal titolo “Le nuove forme di Italian Sounding. Ciò che il cibo non dice. Le responsabilità dei produttori e i diritti dei consumatori” a cura della Fondazione “Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” promossa ed istituita da Coldiretti nel febbraio 2014.
Un’imitazione dietro l’altra
La FederAlimentare nell’articolo “La posizione dell’Industria Alimentare Italiana rispetto alla contraffazione ed al fenomeno dell’”Italian Sounding” del 2016, afferma che la contraffazione riguarda illeciti relativi alla violazione del marchio registrato, delle denominazioni di origine (DOP, DOC, DOCG, IGP, ecc.), del logo, del design, del copyright oppure del prodotto stesso, con implicazioni spesso molto gravi [2]; il problema sorge perché; se però la contraffazione può essere impugnabile e sanzionabile legalmente, la stessa cosa non vale per i prodotti cosiddetti di “Italian Sounding” che si servono di denominazioni geografiche, immagini, colori e marchi che richiamano l’Italia, inducendo il consumatore ad associare spontaneamente ma erroneamente l’imitazione al prodotto autentico italiano.
Per citare alcuni esempi: Mozarella, che viene spacciata per mozzarella di bufala, Salsa Pomarola, venduta in argentina, Zottarella prodotta in Germania, e Spagheroni olandesi [3].
Gli italiani scelgono la qualità italiana, ma…
Anche gli italiani hanno però coscienza del valore legato al marchio del “Made in Italy” e per tale motivo si tende comunque a privilegiare i prodotti legati al territorio e ai sapori locali.
Ma anche dietro i marchi più noti della produzione nazionale, percepiti come garanzia di qualità elevata e di sicurezza alimentare, si possono celare alimenti di origine ormai interamente straniera e talvolta anche “scadenti” e quindi nella dinamica che si sta affermando, gli alimenti falsi e di bassa qualità non sono necessariamente soltanto quelli prodotti all’estero, ma possono essere anche quelli provenienti dalle aziende italiane. Sebbene bisogna ammettere realisticamente che le capacità produttive delle imprese alimentari italiane non riuscirebbero a colmare la quota di prodotti, il fenomeno dell’”Italian Sounding”, comunque, costituisce una reale perdita di fatturato per le aziende nazionali.
Il mercato e l’Italian Sounding
L’Assocamerestero, le Camere di Commercio italiane all’Estero e The European House Ambrosetti hanno analizzato e quantificato l’impatto economico che l’Italian Sounding ha sui prodotti italiani all’estero riscontrando un effettivo indebolimento del posizionamento di questi sui mercati internazionali.
Il fenomeno è stato studiato tenendo in considerazione gli scaffali della GDO internazionale e interrogando 250 retailer di 10 Paesi (Stati Uniti, Canada, Brasile, Regno Unito, Germania, Francia, Paesi Bassi, Cina, Giappone e Australia) focalizzando la ricerca in particolare su 11 prodotti tipici del Made in Italy agroalimentare (parmigiano, gorgonzola, prosciutto, salame, pasta di grano duro, pizza surgelata, olio-extra vergine di oliva, aceto balsamico, ragù, pesto e prosecco).
È stato quindi riscontrato che i prodotti Italian sounding che nascono conformi alle regolamentazioni di etichettatura scostandosi da pratiche illegali come la contraffazione, producono enormi ricadute negative per la diffusione dell’agroalimentare made in Italy.
I primati dell’Italia
Tra i principali partner commerciali destinatari delle esportazioni agroalimentari italiane, la Germania si conferma al primo posto (8,4 miliardi di euro, il 22,4% delle esportazioni totali italiane); seguono gli Stati Uniti e la Francia con un valore di 5,6 miliardi di euro e il Regno Unito (3,7 miliardi di euro).
La metodologia usata per condurre la survey si basa su due coefficienti:
• uno in grado di calcolare la presenza sugli scaffali dei supermercati di prodotti del vero italiano
• l’altro consente di depurare il risultato dalla quota di consumatori che scelgono referenze non autentiche italiane attirati dalla convenienza di prezzo (3 consumatori su 10 ricercano il prezzo basso e non l’italianità dei prodotti).
Dall’analisi del primo coefficiente, l’Italian sounding risulta più marcato in Giappone (quota di prodotti non autentici pari al 70,9%), in Brasile (70,5%) e in Germania (67,9%). Analizzando i prodotti, l’Italian sounding è più marcato nel ragù (61,4%), nel parmigiano (61%) e nell’aceto balsamico (60,5%).
Quanto vale il fenomeno dell’Italian Sounding?
È stato quindi stimato fino a qualche tempo fa, che il fenomeno dell’Italian sounding nel mondo vale 79,2 miliardi di euro. Sommando questo risultato al valore dell’export nazionale agroalimentare italiano (50,1 miliardi di euro).
Recentemente al Tuttofood di Milano che è tenuto in questi giorni (8-11 maggio) Coldiretti ha lanciato un ulteriore allarme4 dichiarando che il fenomeno dell’Italian Sounding che prima si attestava sui 79,2 miliardi di euro, oggi si aggira sui 120 miliardi di euro.
Un tale incremento è dovuto anche alla “spinta” derivata dalla strana “alleanza” tra Russia e Usa che, sebbene divisi dalla guerra in Ucraina, si classificano rispettivamente, la Russia come il Paese dove le produzioni tricolore contraffatte sono cresciute di più nell’ultimo anno e gli Stati Uniti, come quello in cui si registrano i più elevati fatturati.
Coldiretti afferma che in Russia successivamente allo scoppio della guerra con l’Ucraina e dell’embargo agli scambi commerciali che ha vietato l’esportazione a Mosca di un’importante lista di prodotti agroalimentari (come ad esempio frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce) è proliferata in maniera esponenziale la produzione di imitazioni del made in Italy a tavola, che si sono sostituite alle esportazioni Italiane.
Il mercato delle imitazioni tra Russia e Stati Uniti
Se la Russia è il Paese dove il falso made in Italy è cresciuto di più, la leadership riguardo alla produzione è però saldamente nelle mani degli Stati Uniti.
Negli USA il fenomeno delle imitazioni di cibo italiano è arrivato a rappresentare oltre 40 miliardi di euro, un terzo in valore dell’intero mercato dei prodotti contraffatti5. È infatti appurato che il 90% dei formaggi che imitano i prodotti italiani negli Stati Uniti vengono effettivamente realizzati in Wisconsin, California e New York.
Questi prodotti spaziano dal Parmesan al Romano senza latte di pecora, dall’Asiago al Gorgonzola fino al Fontiago, un improbabile mix tra Asiago e Fontina. La produzione di imitazioni dei formaggi italiani, nel 2022, ha raggiunto negli Usa il quantitativo record di oltre 2,7 miliardi di chili, con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, tanto da aver superato addirittura la stessa produzione di formaggi americani come Cheddar, Colby, Monterrey e Jack, che è risultata nello stesso anno pari a 2,5 milioni di chili.
Il problema riguarda però tutte le categorie merceologiche, come l’olio Pompeian made in Usa, i salumi più prestigiosi, dalle imitazioni del Parma e del San Daniele alla mortadella Bologna o al salame Milano venduto in tutti gli Stati Uniti.
L’industria del falso Made in Italy a tavola è diventata un problema planetario, con il risultato che per colpa del cosiddetto “Italian sounding” nel mondo – sempre secondo una stima effettuata da Coldiretti – oltre 2 prodotti agroalimentari tricolori su 3 sono falsi, senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese.
Dal cibo al vino…
Tra gli “orrori a tavola” non mancano, ancora, i vini, dal Chianti al Prosecco, che non è solo la Dop al primo posto per valore alla produzione, ma anche la più imitata. Ne sono un esempio il Meer-secco, il Kressecco, il Semisecco, il Consecco e il Perisecco tedeschi, il Whitesecco austriaco, il Prosecco russo e il Crisecco della Moldova, mentre in Brasile nella zona del Rio Grande diversi produttori rivendicano il diritto di continuare a usare la denominazione Prosecco, sempre nell’ambito dell’accordo tra Unione Europea e Paesi del Mercosur.
“Il contributo della produzione agroalimentare made in Italy a denominazione di origine – ha affermato il presidente Coldiretti, Ettore Prandini – alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore con un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale. Si tratta di una priorità per la nuova legislatura poiché ponendo un freno al dilagare dell’agropirateria a tavola si potrebbero creare ben 300.000 posti di lavoro in Italia”.
Se si eliminasse quindi questo fenomeno dannoso per l’economia italiana, il potenziale di export agroalimentare della filiera italiana raggiungerebbe i 130 miliardi di euro un guadagno notevole per le nostre aziende!!!
Ma come si potrebbe arginare il problema dell’Italian Sounding?
Si possono individuare 7 linee guida riassunte nel: “Manifesto per il contrasto all’Italian sounding”:
- È innanzitutto necessario al fine di favorire la consapevolezza del consumatore straniero verso le valenze del made in Italy agroalimentare trasmettere con estrema efficacia il valore del made in Italy, organizzando iniziative di educazione del consumatore
- Bisogna poi, ridurre le barriere tariffarie e doganali
- Introdurre dei metodi che possa disincentivare coloro che pubblicizzano prodotti in maniera fallace
- Integrare le forze politico-istituzionali nazionali presenti all’estero
- Favorire la crescita di massa critica delle aziende italiane del food and beverage che possa rafforzare la loro competitività internazionale e l’innovazione nelle strategie di marketing
- Far leva sugli italiani all’estero come ambasciatori del made in Italy
- Favorire l’adozione di soluzioni che consentano la tracciabilità dei prodotti (Blockchain e Smart labelling).
Note:
1. Definizione del Sole 24 ore, novembre 2016.
2. Tra le cause principali si rilevano la falsa indicazione del Made in Italy (per prodotti realizzati all’estero), l’abuso di indicazioni di marchi di qualità; l’uso di ingredienti nocivi per la salute ovvero la pratica di procedure di produzione e/o conservazione non idonee (assenza di tracciabilità).
3. Esempi tratti da C. COSTA Italian Sounding food: che cos’è e perchè è così importante, 2020 in www.agrifood.tech
4. Al Tuttofood (Milano, 8-11 maggio 2023 ) è stato presentato il primo expo della top 10 del made in Italy taroccato a tavola, con la classifica delle più grottesche imitazioni delle specialità nazionali scovate in tutto il mondo che tolgono spazio e valore sui mercati ai veri prodotti tricolori.
5. Fonte: Coldiretti e Filiera Italia
Marco D’Amico – Avvocato specializzato in sicurezza alimentare
Marco D’Amico è un avvocato del foro di Napoli. Presso l’Università di Modena e Reggio Emilia ha concluso un master di primo livello in diritto, impresa e sicurezza agroalimentare con la redazione della tesi intitolata “La tutela dei prodotti agroalimentari e del Marchio “Made in Italy”. Oggi infatti, l’avvocato Marco D’Amico è esperto di diritto e sicurezza agroalimentare, qualifica che gli permette di rispondere alle richieste di imprese, associazioni di categoria, Pubblica Amministrazione, società di servizi, studi legali e aziende Sanitarie.
È avvocato senior presso lo Studio Legale D’Amico & Partner e Cultore della materia presso le cattedre di Diritto della Finanza Pubblica e Giustizia Amministrativa presso l’università degli Studi Suor Orsola Benincasa. All’interno dello Studio Legale D’Amico & Partner si occupa della gestione in ambito giudiziale e stragiudiziale delle tematiche di Diritto Civile, e Diritto Amministrativo con particolare attenzione al Risarcimento Danni, alla Responsabilità Medica, alla tutela del Marchio e della Proprietà Intellettuale in generale, al Recupero Crediti. In ambito Amministrativo svolge attività di consulenza anche per diverse aziende che operano nell’ambito della Ristorazione e dell’Intrattenimento, assistendole sia in fase stragiudiziale che giudiziale dinanzi al Tribunale Civile e al Tribunale Amministrativo.