Quando parliamo di Cabs non ci riferiamo ad una squadra di baseball (anche se nel 2016 a Chicago i Cubs hanno vinto la Major League). Bensì individua comunemente l’abbreviazione dei vitigni che compongono la famiglia Cabernet.
Nei vini da essa composti accanto al duo formato da Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, si alternano spesso anche varietà come: Merlot, Carmenère e Petit Verdot. Le prestazioni di questo dream team regolano spesso le sorti della viticoltura mondiale. I motivi di questa leadership? Diversi.
Cabernet e Merlot, le perle del vicentino
Dal fatto che i grappoli in questione sopportino condizioni meteo molto differenti tra loro. Sino al fatto di saper stare alla grande su diversi ‘campi’. Finendo, di fatto, per giocare quasi sempre in casa. Dove? A Bordeaux soprattutto, ma poi anche in altre aree del mondo come: Coonawarra (Australia), California (Usa), Hawkes Bay (nuova Zelanda), Colchagua (Cile), solo per citarne alcune.
Persino in Italia in molti si sono dedicati a queste varietà. I motivi? Moda, opportunità nel senso di facilità di allevamento, ma anche talento. Quello che sa di lavoro e fatica, contrapposto a quella sufficienza da piani nobili con tanto di stemmi alle pareti.
Breganze –siamo vicino a Vicenza- è un luogo così, tutto sudore e poco clamore, perché sotto un mare verde brillante di vigna, incastonato in un paesaggio da cui uno si aspetterebbe di veder spuntare Heidi, troviamo il vero oro nero di queste zone. Suoli di origine vulcanica non così comuni per Cabs e Merlot, ma da queste parti molto diffusi.
A queste conformazioni geologiche se ne aggiungono altre. Come quelle di origine calcarea. Senza contare poi altri terreni, specie in prossimità dei fiumi (Brenta e Astico), più fertili. In quanto composti in prevalenza da limo e argilla.
Si capisce perciò come l’area di Breganze abbia in rosa, negli sport di squadra si chiama così l’organico a disposizione dell’allenatore, diverse variabili da mettere in campo, pardon, in bottiglia.
Tipicità senza paragoni
Ecco allora che il Cabernet Sauvignon e il Merlot, ad esempio, perdano o per meglio dire rendano più ampie le rispettive tipicità varietali, acquisendo qui delle sfumature salate, in gran parte imputabili alla natura dei terreni.
A questo si affianca un clima che permette una maturazione corretta del Cabernet Sauvignon, riuscendo contemporaneamente a non rendere eccessivamente molle il Merlot, varietà più precoce rispetto alla prima.
Accanto a questo tandem varietale che spesso caratterizza la Doc Breganze, splittata anche in versione assolo a base di Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet, ma anche Pinot Nero e Marzemino, si affiancano anche altri vini, anch’essi in grado di mostrare l’attitudine vitivinicola del territorio. Penso in particolar modo, riproponendo il parallelismo senza antagonismo con Bordeaux (area in cui si produce anche in famoso Sauternes), al Torcolato.
Un vino dolce di livello, di cui per ora vi lascio a bocca asciutta – strano parlando di vino – riproponendomi tuttavia di tornare sull’argomento più avanti, ma sempre da queste pagine. Tornando a Breganze e all’utilizzo delle bacche rosse internazionali, alcuni potrebbero nutrire qualche dubbio circa il loro impiego nei vini della zona. Qui entra in gioco la prospettiva da cui si considerano le cose, un punto di vista che, in questo caso, risulta essere un punto decisivo.
Quello secondo cui il vitigno va spesso considerato – o almeno dovrebbe essere considerato – come un mezzo e non come un fine. Un tramite per arrivare a bere quell’unicità di terreni e meteo, concetto condensato dai francesi con la parola terroir.
Quello di Breganze perciò merita sicuramente di essere approfondito, grazie a visite, brindisi, abbinamenti e persino tempo. Mai perso se speso in bottiglia, vista la grande attitudine all’invecchiamento dei Cabernet e Merlot cresciuti a Breganze. Uve in grado di farci riscoprire, addirittura dopo anni, tutte le rispettive potenzialità sommate se non addirittura moltiplicate da quelle caratteristiche singolari che rendono unica questa zona.
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