Come fare la differenza con l’imballo usa e getta più famoso al mondo? Ogni tanto mi piace raccontare qualche storia o scrivere di una storia raccontata e alla fine di questa lettura sarai tu a giudicare. Al di là del fatto che questo racconto sia o meno realmente accaduto, ti chiedo di basare il tuo giudizio e perspicacia sul fatto che può o non può funzionare.
Cominciamo! C’era una volta il sogno americano. Mi è successo di conoscere e diventare ottimo amico di Domenico, che ha fatto del suo mestiere, la fortuna che oggi gli permette di vivere una vita invidiabile.
La storia di Domenico
Ho conosciuto Domenico nell’estate 1998 in Puglia, in vacanza a casa di amici. Domenico è un italo americano di 27 anni che l’Italia l’aveva vista solo una volta da bambino e solo quell’anno, tornando in visita. Viveva e abitava da sempre a New York dove il papà aveva una pizzeria d’asporto proprio dietro a Penn Station (dove l’8va incrocia la 29ma).
La pizzeria andava bene, il problema di Domenico era diventato un altro: amava tremendamente l’Italia e quell’estate s’innamorò follemente di Stefania, che oggi è sua moglie e la mamma dei suoi 3 maschietti. Insomma, lui voleva tornare in Italia ad ogni costo! Così dopo tante notti insonni ed incertezze, prese la sua decisione e nel febbraio del 2001 lasciò la pizzeria di famiglia per trasferirsi nel Bel Paese.
Ricordo di essere stato coinvolto direttamente con tutto il gruppo di amici con cui era ormai in contatto, per sbrigare tutte quelle faccende di carattere pratico, che diventano montagne insormontabili quando ci si trasferisce in un altro paese. Risolte le esigenze primarie (casa, documenti, macchina) Domenico voleva replicare il successo della pizzeria del papà in Italia.
L’apertura di una nuova pizzeria d’asporto
Dopo poco tempo, nonostante gli ostacoli della nostra burocrazia, il caso volle che l’11 Settembre del 2001 un newyorkese inaugurò una pizzeria d’asporto in Italia, il suo paese d’origine. È pazzesco come il destino si manifesti in certe situazioni.
Ti risparmio i dettagli per arrivare al punto dolente del mio racconto: la pizzeria andava davvero male e già a gennaio del 2002 Domenico, molto demoralizzato, stava pensando di mollare per tornare in USA con Stefania.
Il problema era semplice: quella che a NYC era una pizzeria italiana eccellente, qui non era così apprezzata inoltre, il fatto che un americano si mettesse a fare la pizza, in città non era una cosa gradita. Le abitudini e tutta una serie di differenze tra NYC e l’Italia avevano fatto perdere a Domenico il controllo della situazione e anche la stima in se stesso.
Alla ricerca di una comunicazione chiara… con il cartone della pizza
Il 13 Gennaio del 2003, era un lunedì, Domenico era a Parma seduto nella mia sala riunioni con un altro amico comune, chiedendomi di aiutarlo. Al quel tempo non ero ancora uno specialista di pizzerie, ma conoscevo molto bene le regole del marketing e sapevo perfettamente che la pizza in sè non era il vero problema, anzi avrebbe potuto diventare l’elemento differenziante vincente, ma serviva una comunicazione chiara per creare nella testa del consumatore la motivazione all’acquisto.
Quella pizza non si doveva cambiare e nonostante avessero fatto dei tentativi con il cartone dell’asporto (utilizzando una grafica, prima con Pulcinella e successivamente con lo stivale avvicinandosi il più possibile alla pizza napoletana) nulla aveva prodotto risultati.
Un nuovo cartone della pizza per una strategia di comunicazione efficace
Intuii subito che proprio la comunicazione e la struttura del packaging dovevano essere l’elemento differenziante, fare l’opposto di quello che Domenico stava facendo. Iniziai il mio progetto utilizzando una grafica a bandiera americana e altri messaggi che si allontanavano dal classico messaggio “pizza napoletana, forno a legna”.
Presi il classico cartone della pizza d’asporto, avete presente quell’orrendo quadro bianco alto 4 cm? Ecco, sapevo che lì poteva esserci l’elemento di rottura, capace di differenziare il nostro messaggio agli occhi di chiunque (visto che i cartoni d’asporto escono dalla pizzeria e sono un messaggio di comunicazione mobile per arrivare sulle tavole dei clienti).
Tre lunedì dopo proposi a Domenico il mio progetto: un cartone della pizza rotondo e non quadrato. Lui non ne capiva il senso, ma si fidò di me. Forse ero più giovane, forse sono stato bravo o forse ho avuto solo fortuna, ma a metà marzo dello stesso anno le pizze di Domenico venivano consegnate in cartoni d’asporto rotondi in modo costante!
Il cartone rotondo: l’evoluzione del delivery
Domenico era diventato famoso in tutta New York come il pizzaiolo italo americano con i cartoni d’asporto rotondi. Successivamente le occasioni non mancarono, così a giugno aprì un secondo punto (un corner in un centro commerciale) e a dicembre il terzo e successivamente il quarto.
Nel Marzo del 2006 Domenico era in Piazzale Cordusio a Milano, in un noto studio notarile e da lì a qualche minuto avrebbe ceduto la proprietà di quelle che erano diventate ben 13 pizzerie d’asporto brandizzate, che sfornavano ogni giorno la stessa pizza che faceva con suo padre vicino a Penn Station 5 anni prima. L’acquirente pagò a Domenico una cifra a sei zeri. Aveva davvero fatto un 6 al Super Enalotto!
Se questo racconto o storia raccontata è stata utile decidilo tu.