L’annuncio dei dazi USA sui vini importati dall’Europa, con l’obiettivo dichiarato di favorire la produzione locale, sta suscitando preoccupazioni non solo tra i produttori europei, ma anche all’interno del settore vinicolo americano. Dopo la rielezione di Donald Trump e la proposta del “Trump Reciprocal Trade Act”, che prevede dazi del 10% su prodotti importati dall’Europa, il panorama vinicolo rischia di essere profondamente trasformato.
Un problema per tutti, non un vantaggio per l’America
Contrariamente alle aspettative del presidente repubblicano, molti esperti ritengono che i dazi non apporteranno benefici alla produzione locale di vino. Zev Rovine, importatore e distributore di New York, sintetizza il pensiero comune: «Ci sarà un aumento dei prezzi su tutta la linea. Se continueremo così per anni, rischiamo un periodo di forte inflazione».
La Us Wine Trade Alliance, attraverso il suo presidente Ben Aneff, sottolinea che il sistema vinicolo statunitense è complesso e fortemente interconnesso. Ogni bottiglia di vino europeo importata genera un indotto di 4,52 dollari, coinvolgendo agricoltori, distributori, importatori, ristoranti e rivenditori. Questo sistema, costituito perlopiù da piccole imprese a conduzione familiare, potrebbe subire un duro colpo qualora i dazi fossero applicati.
Dazi USA, un effetto domino sui prezzi dei vini Europei
L’aumento dei prezzi del vino importato potrebbe avere conseguenze su tutta la filiera, arrivando a toccare anche i vini nazionali. I distributori potrebbero decidere di alzare i prezzi delle etichette americane per compensare la perdita di margini sulle importazioni. Un impatto che non risparmierebbe neppure i consumatori, i quali potrebbero trovarsi a pagare di più sia per i vini europei che per quelli locali.
Grant Reynolds, proprietario di una catena di wine bar a New York, avverte che l’aumento dei prezzi del vino potrebbe squilibrare l’intero ecosistema della ristorazione, con conseguenze come personale ridotto o ingredienti di qualità inferiore.
La difficile sostituzione del settore vinicolo europeo
Molti addetti ai lavori ritengono che i consumatori americani non sostituiranno facilmente i vini italiani e francesi con alternative locali. Rainia Zayyat, wine director del ristorante Bufalina in Texas, spiega che il vino è un prodotto strettamente legato al territorio, al vitigno e allo stile produttivo. Sostituire un Barolo o uno Champagne con un’etichetta locale non è così semplice, né immediato.
Un altro possibile effetto collaterale dei dazi è la diminuzione del consumo di vino, con uno spostamento verso altre bevande alcoliche. Oliver McCrum, titolare di un’azienda di distribuzione di vino, auspica che l’amministrazione statunitense valuti attentamente le implicazioni economiche di una tale misura: «Non pensiamo che ci sia molto spazio per ulteriori aumenti di prezzo».
Un effetto boomerang inatteso
Mentre i produttori europei saranno certamente colpiti dai dazi, l’effetto boomerang potrebbe causare danni significativi anche al settore vinicolo americano. In un contesto in cui l’inflazione è già una preoccupazione crescente, una misura di questo tipo rischia di destabilizzare ulteriormente l’intera filiera del vino, dai produttori agli importatori, fino ai consumatori finali.
È dunque fondamentale che ogni decisione tenga conto non solo degli interessi protezionistici, ma anche delle conseguenze economiche a lungo termine, per evitare che l’America stessa paghi un prezzo troppo alto.