Andiamo a conoscere il formaggio Amiata, ma prima un’utile nota storica. Correva l’anno 800, Carlo Magno era in viaggio con il suo esercito verso Roma, dove lo attendeva un appuntamento con la storia a cui non poteva assolutamente mancare: nella notte di Natale di quello stesso anno infatti sarebbe stato incoronato imperatore del Sacro Romano Impero da Papa Leone III. La leggenda narra che un imprevisto si frappose tra il baldo re dei Franchi e il destino: arrivato in Toscana, fu costretto a soggiornare per parecchi giorni presso il monastero di Abbadia San Salvatore. La sua compagnia infatti era stata colpita da un’epidemia di peste (il flagello di Dio nientepopodimeno).
La leggenda narra che Carlo e la sua scorta furono miracolosamente salvati da un’erba che si trovava sulle pendici del monte Amiata, da allora denominata proprio “erba carolina o carolingia”. Studi recenti hanno individuato una sostanza negli infusi di quell’erba, si tratta dell’ossido di carlina, un antibiotico naturale forse capace di curare una forte infezione intestinale, ma non di certo la peste. Sono stato sul monte Amiata negli anni sessanta per studiare la locale produzione di latte e di formaggi.
E nell’esplorare quelle terre selvagge, abitate da popoli orgogliosi e fieri, mi fu subito chiaro come la ricchezza vera di quei luoghi, accanto alla presenza abbondante di viti e ulivi, fosse proprio nella pastorizia e nell’allevamento di mammiferi da latte. Recenti studi recenti dimostrano che la sostanza con il più elevato contenuto di sostanze benefiche per l’organismo umano, è da sempre il latte e il formaggio, i quali non fanno altro che concentrarne i principi nutritivi.
Risale a poche settimane fa la pubblicazione di uno studio sul Journal of Molecular Science fatto dalla clinica Torvergata in collaborazione con l’Università La Sapienza di Roma secondo il quale l’assunzione di lattoferrina, una proteina contenuta nel latte materno, gioca un ruolo fondamentale nella formazione della cosiddetta “immunità innata specifica”, quella per cui il sistema immunitario dei bambini è naturalmente più forte e pronto ad affrontare e sconfiggere gli attacchi di alcuni agenti patogeni. Quale miglior cura per Carlo Magno e il suo esercito che non bere del buon latte e mangiare il locale e genuino formaggio Amiata.
Tecnica di produzione
L’Amiata, formaggio tipico toscano, viene prodotto nell’area Arezzo-Siena-Grosseto, con latte di pecora puro o misto a latte di vacca. Negli ultimi anni si è verificato un divario tra l’offerta, alquanto scarsa, e la domanda di questo formaggio. Ciò ha portato a spostarne progressivamente la produzione verso altri territori ad alta produttività lattifera. Storicamente veniva prodotto dai pastori, i quali poi usavano come forme speciali cesti di giunchi o di vimini per l’essicamento e la stagionatura.
Attualmente la produzione avviene utilizzando latte leggermente scremato, pastorizzato a 70-72°C per venti secondi e posto in caldaia alla temperatura di 32-33°C. Alla massa del latte si aggiunge normalmente il siero-fermento o latto-fermento nella misura dell’1,5% circa. Dopo aver aggiunto il caglio in polvere o quello naturale in pasta, si attende che tutta la massa si coaguli fortemente (normalmente 30-40 minuti). Per procedere poi alla rottura meccanica della cagliata fino ad ottenere granuli delle dimensioni di una nocciola.
A questo punto si mantiene tutta la massa in agitazione per permettere l’inizio dell’acidificazione con conseguente spurgo di siero dai granuli in caldaia. Normalmente questa fase di attesa impiega venti minuti circa per procedere poi al suo riscaldamento fino a 40°C. Dopo aver mantenuto la temperatura raggiunta per altri 15-20 minuti, si scarica tutta la massa direttamente negli stampi di plastica per permettere il drenaggio del siero. In questa fase il formaggio avrà raggiunto un grado di acidificazione e una struttura legamentosa e dovrà essere mantenuto in locali caldi (30°C) per permettere che il drenaggio del siero avvenga.
In questi locali i formaggi rimangono circa 6-7 ore e successivamente, tolti dai loro stampi, vengono messi in salamoia liquida per tre-quattro giorni (a seconda del peso) ad una temperatura di 14°C ed una concentrazione di 18° Bé. Successivamente i formaggi vengono posti nei magazzini di stagionatura per 50-60 giorni alla temperatura di 14-15°C per essere poi confezionati.
Formaggio amiata in cucina
L’Amiata è un formaggio semicotto e semigrasso, ogni forma ha un diametro di 20-25 cm ed una altezza di 8-10 cm con un peso variabile da 2,5 a 3,5 Kg. Il colore della pasta interna è paglierino con struttura compatta e friabile, a volte con piccoli distacchi. La pelle liscia di colore marrone o anche molto bruna per quelli a lunga stagionatura. In alcuni casi viene plastificata di nero. È ricco di sali minerali per la qualità del suo latte e il sapore dolce aromatico permette un suo grande utilizzo nella tradizionale cucina toscana per la preparazione di piatti unici. Ma viene servito anche da solo a fine pasto con frutti di stagione accompagnato dai vini favolosi della zona.