Il 40% degli italiani al momento è sprovvisto di green pass e, dal 6 agosto, gli è proibito svolgere alcune attività, tra cui quella di consumare seduti all’interno di bar, ristoranti e pizzerie.
Il popolo dei furbetti non è rimasto con le mani in mano e, durante i controlli delle forze dell’ordine, sono emersi diversi escamotage (illegali) per bypassare i controlli effettuati dai ristoratori.
I green pass falsi a Palermo
A Palermo una coppia di amici di 21 e 29 anni ha pensato bene di modificare la data dell’ultimo tampone negativo effettuato, ricadendo così nelle 48 ore di validità del documento. Nello stesso locale, è stata sorpresa anche una terza amica, appena diciottenne, che ha addirittura modificato le proprie generalità e dichiarato di non aver con sé i documenti. Per i 3, dopo gli accertamenti di rito, sono iniziati i guai: i due ragazzi sono stati denunciati per falsità materiale commessa da privato mentre la ragazza per falsa attestazione della propria identità. I giovani pagheranno quindi l’aver usato dei green pass falsi. E se a non rispettare le regole sono i locali? Scattano le multe e la chiusura dell’attività.
I locali controllano davvero il green pass?
La corretta verifica del green pass avviene tramite una semplice applicazione scaricabile dallo store del proprio smartphone, VerificaC19. Per ciascun cliente che intende consumare all’interno e non al banco, è indispensabile controllare che il QR code sia valido mediante la sua scansione digitale. Nel caso invece il cliente disponga dell’esito negativo di un tampone, occorre controllare la data del tampone stesso e accertarsi non siano trascorsi più di 2 giorni.
I ristoranti controllano davvero? Secondo l’esperimento condotto dal Corriere della Sera, non propio tutti. Su quanto e come si controlla il green pass nei locali (a Milano) ci sono tre livelli di attenzione: rigoristi, moderati e non curanti.
• I rigoristi sono coloro che controllano prima ancora dell’ingresso e dell’eventuale consumo la correttezza della documentazione;
• I moderati (la porzione più frequente) sono coloro che oscillano tra l’indecisione di chiederlo e la verifica a campione, solo in alcuni casi e nelle fasce orarie con meno afflusso;
• I non curanti (circa il 20% tra i casi presi in considerazione) che non richiedono mai il green pass ai clienti.
Ingenti perdite per i locali
L’allarme relativo alle perdite di fatturato arriva dal Veneto. “Col Green pass perso fino al 40% del fatturato, in autunno sarà un disastro” dichiara la portavoce dell’Associazione ristoratori Veneto, Alessia Brescia. “I più colpiti sono coloro che non dispongono del plateatico o possono permettersi solo pochi tavolini all’aperto, ma la preoccupazione è generale. Quand’è entrata in vigore la nuova regola l’abbiamo subito definita “economicida” e i primi dati ci danno ragione: cosa succederà dall’autunno inverno in poi, quando le consumazioni si sposteranno al chiuso?”.
Il paradosso di chi ha il green pass, costretto a consumare dentro
“Se fate mangiare fuori i non vaccinati non vengo più in questo locale”. La disputa tra clienti vaccinati e ristoratori è iniziata lo scorso 6 agosto. Perché tutto ciò? Il motivo è sotto gli occhi di tutti: chi ha il green pass spesso viene costretto a mangiare dentro. Chi ne è sprovvisto può godersi il pranzo o la cena nel dehors all’aperto. Per i gestori di locali è diventata una necessità. “Mettetevi nei nostri panni” argomenta uno di loro. “Se facciamo accomodare all’aperto un cliente con il pass rischiamo di perdere l’incasso dei coperti al chiuso”. Per molti clienti è una discriminazione e nessuno è contento.
Umberto Carriera, leader di “Io apro”, il movimento di protesta dei ristoratori, conferma il paradosso e la tendenza al Corriere della Sera. “Purtroppo anche io, nei miei ristoranti, ho dei tavoli fuori e li riservo a chi ha il green pass. Chi resta dentro storce il naso. Con la bella stagione vorrebbe mangiare fuori. I clienti italiani sono più comprensivi. Ma vallo a spiegare agli stranieri, “voi dovete stare dentro”. Vengono qui per il sole, per i tramonti”.