L’Hotel Metropole
In nessun luogo di Venezia c’è più luce e più spazio come sulla Riva degli Schiavoni. Qui, dove una volta attraccavano le grandi navi, oggi sono le gondole a far da padrone, insieme ai vaporetti della linea per il Lido. A fianco di Palazzo Ducale e del ponte dei Sospiri, lungo la riva dell’interminabile passeggio che porta verso l’Arsenale e l’isola di Sant’Elena, si allineano uno dopo l’altro numerosi alberghi di diversa categoria. Subito dopo la settecentesca chiesa della Pietà cara ai ricordi di Vivaldi un palazzo che dalla riva non scopre subito tutte le sue meraviglie ospita l’Hotel Metropole, dagli anni Sessanta di proprietà della stessa famiglia, un indirizzo discreto, né troppo grande, né troppo piccolo: come tutti i palazzi veneziani ha una struttura interna assai complessa, frutto dell’integrazione di più edifici, con piani sfalsati, scale interne, camere una diversa dall’altra di una dozzina di tipologie differenti in dipendenza sia dalla tipologia e metratura, sia dall’affaccio, sul fronte della laguna, sul canale che costituisce la via d’acqua di accesso per chi arriva in motoscafo-taxi, sulle calli o sull’inaspettato grande giardino interno, una rarità a Venezia e tanto più in una posizione così centrale.
Una “casa” dall’anima eclettica e dalla preziosa identità
Gloria Beggiato, proprietaria e direttrice dell’Hotel Metropole, non ha dubbi: “Da anni mi dedico a questa casa per custodirne l’anima eclettica e la preziosa identità. Ne ho conservato la capacità di emozionare, eccentrica, intensa, ma anche un po’ drammatica e teatrale, un ponte sospeso tra realtà e immaginazione; la sua intima magia che qui vive consegnata al presente con passione e amore”.
Fin dalle accoglienti sale del piano terra l’albergo evoca una sinfonia di colori: sono rossi i velluti veneziani, i tappeti orientali, il corallo e lacche cinese, ma è anche rossa l’anima teatrale delle quinte e il tramonto sulla laguna che si gode dalle finestre del bar e delle camere più ambite che guardano le isole del Lido e di San Giorgio Maggiore con la sua chiesa dall’inconfondibile campanile a punta.
Il bar tutto foderato in legno è l’angolo più storico del palazzo, qui si trovava la cappella dove Antonio Vivaldi insegnava musica alle ragazze dell’Ospedale della Pietà e dove ancora si vede la Ruota degli Innocenti dove venivano abbandonati i neonati: alle vetrine sono esposti alcuni coloratissimi e scenografici vasi di Lino Tagliapietra, rinomato mastro vetraio veneziano.
Tornando alle tonalità pittoriche, carico di fascino misterioso il nero è il colore delle spezie veneziane che provenivano fin dai tempi di Marco Polo dal lontano Oriente; nero è anche il colore di antichi kimono e del tè in foglie, non meno che del tocco contemporaneo della moda che qui è di casa, perché molti personaggi della Biennale sono clienti abituali e ormai amici di questo albergo. Non si può dimenticare poi il bianco, il colore dei gelsomini profumati e dei lini del giardino, del marmo delle sculture e della pietra d’Istria, assai cara a Venezia, bianca come il candore della semplicità e su tutto troneggia e risplende l’oro delle specchiere e dei mosaici veneziani, dell’arredo prezioso delle suite e dei lumi di candela, del lusso delle cinque stelle che l’hotel si è ampiamente meritato.
Le collezioni dell’Hotel Metropole
E poi ci sono le collezioni. Quando avviò l’attività alberghiera Pierluigi Beggiato ebbe l’occasione di acquistare in un’asta da Sotheby’s una piccola collezione di curiosi cavatappi: oggi le collezioni di oggetti antichi raccolti nella galleria al piano terra, ma anche ai piani e in alcune camere sono più di dieci: schiaccianoci con animali, buffoni e mostri mitologici in legno e bronzo provenienti perlopiù dal Nord Europa; porta biglietti da visita, veri gioielli madreperla, argento e tartaruga che vengono dalla Francia e dall’Inghilterra ottocentesche; borsette in perline di vetro, fascinose nei loro motivi vintage, déco e geometrici secondo un gusto un po’ retrò degli anni ‘60; ventagli esposti al secondo piano come in un museo, ce ne sono più di 270, alcuni nelle camere. Una trentina tra i più preziosi in piume, delicati in seta, dipinti o ricamati a mano, sono stati anche esposti in un museo veneziano per una mostra appositamente organizzata. Ci sono poi oggetti oggi rari e ricercati come gli specchi da toilette, originariamente in trousse complete di accessori dispersi poi col tempo, i crocifissi in legno, avorio, bronzo e corallo di profonda spiritualità; i fermalibri del XVIII e XIX secolo, usati per mettere ordine nelle biblioteche con oggetti piacevoli, insomma come d’uso a Venezia la meraviglia è sempre in agguato e ci si ritrova in un albergo che sembra un raccolto piccolo museo. E che offre anche la sorpresa della nuovissima e lussuosa Spa, piccola e privata, su prenotazione, una delle pochissime di Venezia.
L’Oriental Bar&Bistrot
La ristorazione dell’Oriental Bar&Bistrot è originale e all’altezza dell’Hotel Metropole. Per la riapertura dopo i tristi mesi di pandemia è arrivato Alessandro Cocco, chef abruzzese giramondo, 11 anni a Parigi con Alain Ducasse e tante esperienze di rilievo alle spalle, che propone una cucina solidamente ancorata al territorio, con una intelligente rivisitazione di alcuni dei piatti più noti della tradizione veneta, ma anche alcune proposte della cucina orientale, dedicate non solo ai turisti di passaggio ma anche ai veneziani perché una dell idee fisse di Gloria Beggiato è di far interagire l’albergo con la città.
In sala, o con il bel tempo in giardino in uno scenario di idilliaca pace, fa gli onori di casa alla quarantina di coperti disponibili e ben distanziati Alessandro Carli, F&B Manager. La lista è breve e funziona sia a ora di pranzo, sia di cena con quattro assaggi veneziani per l’aperitivo e altrettanti assaggi orientali: si può scegliere, mescolare o provare la degustazione completa.
I piatti da non perdere
I piatti del bistrot sono più articolati, con il polpo spadellato al peperoncino con crema di pomodoro e broccolo; l’insalatina di foglie ed erbe di laguna, quinoa e cialde di pane; i ravioli di baccalà e battuta di gamberi spadellati al timo; gli spaghetti con infusione di rapa rossa, erbe aromatiche, limone e caviale e altre prelibatezze a base di pesce, carne o verdure. Al momento del dessert va raccomandata la degustazione completa detta “dulcis in fundo”, fatta da un piccolo bignè alla ricotta e cioccolato caldo, un minuscolo tiramisù in ovetto e un assaggio di gelato alla crema con fichi secchi, noci di Lara e miele.
Crediti foto: Cynthia Beccari