Oggi parliamo di pezzatura, pieghe, palline.
Quando ho mosso i miei “primi passi” in pizzeria, nell’azienda dello zio, le tecniche di lavoro erano molto diverse da quelle in voga oggigiorno. Purtroppo questo è dovuto a un lasso di tempo, diciamo, che non è proprio dei più brevi. Questo mi consente comunque di fare dei confronti interessanti e di osservare l’evoluzione dell’arte dei pizzaioli.
Pezzatura e palline
Ricordo che era prassi comune e consolidata dopo avere fatto l’impasto, attendere abbastanza prima di fare la pezzatura. La pezzatura consiste nel dividere l’impasto in porzioni del peso desiderato. In parole povere, pezzatura = formare le palline. Il tempo minimo era una buona mezz’ora per arrivare anche a oltre un’ora nella quale ci si dedicava alla preparazione della linea.
Negli ultimi anni invece tra l’impasto e la formazione delle palline si soleva attendere abbastanza poco. Questo cambiamento è spiegato dal fatto che il mercato mette a disposizione da ormai un paio di decenni farine tecnicamente fatte apposta per la pizza, con parametri di W e P/L specifici che consentono una elasticità per ogni esigenza, farine quasi personalizzate.
In pratica si tratta di farine più ricche di glutine e che non hanno bisogno di grandi attese prima di essere lavorate. Anzi, per alcuni aspetti l’attesa potrebbe risultare controproducente, e vediamo perché.
Dopo la pezzatura… la puntatura!
L’attesa viene detta più precisamente puntatura, un termine che viene dalla panetteria, e la formatura dopo la puntatura può essere definita anche una piega.
Sostanzialmente vuol dire che, più aspetto a lavorare l’impasto lasciato “in massa” e più la maglia glutinica si sviluppa e si consolida sotto la spinta dei gas della lievitazione. Quando poi la pasta viene lavorata, i gas vengono schiacciati di nuovo fuori e la maglia glutinica viene ripiegata e prende più forza. È come piegare in due o più una corda sottile per ricavare un cavo molto più resistente, per capirci.
In panificazione questa tecnica viene usata anche più volte, due o tre, per dare “forza” a impasti molto idratati o in presenza di farine non molto forti (come erano una volta). In pizzeria, anni fa, non si avevano troppe conoscenze e si impastava la farina che era disponibile sul territorio. Spesso e volentieri i titolari fornivano ai pizzaioli le farine meno care che si trovavano in giro. Il pizzaiolo, perciò, doveva fare buon viso a cattivo gioco e lavorare quello che gli veniva fornito senza fare troppe storie. Erano i tempi degli impasti diretti, senza frigo, fatti la mattina per la sera. Questo succede ancora oggi spesso e volentieri all’estero, ma anche in Italia.
Si era osservato quindi quello che ho riferito sopra: e cioè che aspettando per mezz’ora o un’ora, prima di fare le palline, l’impasto recuperava un po’ di forza e si riusciva a lavorare le farine deboli che ci propinavano!
Farine forti, farine deboli…
Ancora oggi vecchi professionisti applicano questa tecnica con le farine moderne, che sono invece molto più forti. Incorrono nell’errore di rinforzare eccessivamente l’impasto non ottimizzando le potenzialità delle farine moderne.
Queste infatti sono fatte per dare il risultato voluto e sono disponibili in molti livelli di forza, ognuno fatto apposta per i vari tipi di impasto e lavorabili come detto, dopo una decina di minuti senza dovere fare la puntatura e tantomeno la “piega” che darebbe troppa forza e difficoltà di lavoro.
Da alcuni anni a questa parte però con il ricorso da parte dei pizzaioli più esperti a tecniche e conoscenze di panetteria e soprattutto con l’avvento degli impasti più idratati i concetti di “puntatura” e di “piega” cominciano a essere familiari anche in pizzeria e si assiste a un loro ritorno, basato però su ragioni tecniche per la ricerca dell’alta qualità.
Gli impasti ad alta idratazione
Questi valgono specialmente per impasti ad alta idratazione in teglia o in pala dove non si può ormai prescindere dai tempi di attesa prima della formatura delle palline e le pieghe vengono fatte regolarmente e sono un concetto che sta diventando familiare: un vero “strumento di lavoro” per impasti a volte quasi liquidi in partenza e che tendono a sfuggire dalle mani.
La pizza tonda
Anche per impasti per pizza tonda la tendenza è di andare verso idratazioni elevate. 65%-70% di idratazione con le farine forti disponibili sul mercato, sono alla portata di molti. Le tecniche per lavorarli non prevedono solo le dosi e i tempi di impastamento e di eventuali bighe-poolish. Sempre più spesso si indicano tempi di puntatura e “pieghe” da fare, indicazioni che sono molto comuni e familiari da sempre nel campo dei panettieri.
Conclusioni finali
Possiamo dire quindi che il convergere delle tecniche di pane e pizza sta portando notevoli incrementi nelle possibilità di esecuzione delle pizze e nuove frontiere di ricerca si aprono. Non ci sono infatti ancora molte indicazioni precise su puntature e uso delle pieghe e chi sviluppa questo filone ha certamente ottimi risultati come si osserva ormai da tempo nel panorama dell’alta qualità, come per esempio la pizza gourmet o le pizze in pale ove, forse non a caso, i più famosi nomi provengono proprio dal mondo dei panettieri…
Quindi, non a caso, il discorso non fa una… “piega”.