In cucina, è necessario avere una visione innovativa. Pensare al futuro con consapevolezza è un atto etico dovuto, ma è anche fondamentale per rilanciare il settore. Assieme a Simone Rugiati abbiamo parlato di nuove forme di cucina, sostenibilità e valorizzazione delle materie prime.
Quali sono le keyword all’interno della tua cucina?
Le mie keyword sono tre: olio extravergine di alta qualità, rispetto e scelta. Con rispetto e scelta, intendo che per me è importante scegliere materie prime di livello per creare piatti con profumi, sapori e anche con un senso nuovo di cucina. Un piatto non deve essere solo buono: deve avere ingredienti sani. Per questo, bisogna rispettare i principi naturali degli alimenti e i loro cicli.
In questo periodo la ristorazione sta sperimentando delle difficoltà. Quali pensi possano essere le soluzioni per il settore?
Vero, io per fortuna ho sempre diversificato le mie attività: consulenze, produzioni, catering ed eventi; inoltre ho sempre lavorato anche con il web. Ad oggi, credo che il delivery sia un’ottima soluzione per le attività ristorative classiche: non sarà facile per chi ha una struttura adibita ad ospitare, per via dei costi fissi, ma sarà avvantaggiato chi invece ha un locale che potrà adibire a Ghost Kitchen, rispettando le normative vigenti.
Il fine dining sta vivendo un momento di incertezza, mentre la ristorazione veloce ha incredibili potenzialità. Cosa ne pensi?
Ammiro la tecnica e l’applicazione di chi lavora nell’alta ristorazione. Personalmente, però, ho fatto scelte diverse. Grazie ai miei viaggi, mi sono accorto che la spesa pro-capite e la soglia di ricchezza sono sempre più basse. Il cibo è una fonte nutrizionale quotidiana e deve essere accessibile a tutti, non può essere una spesa onerosa. Per questi motivi, soprattutto in questo momento, penso che la ristorazione “semplice”, caratterizzata dall’utilizzo di materie prime genuine, che costano il giusto, abbia grandi potenzialità: ad esempio street food ed osterie, con costi fissi più contenuti, servizio di consegna e take away. In più, ad oggi, ci sono attrezzature professionali che aiutano anche il personale meno esperto.
Molti chef hanno cambiato rotta e scelto menù ridotti e semplici. Secondo te, quali sono i vantaggi?
La vera ricchezza di un piatto sta nella sua semplicità, ma soprattutto nella freschezza e nella qualità degli ingredienti. Per questo motivo, consiglio di scegliere materie prime che seguono la stagionalità e che sono facilmente reperibili. Infatti, in Italia, abbiamo una grande fortuna: i prodotti sono eccellenti, oltre che diversificati.
Parlando di fritto. Quali sono le regole oppure le soluzioni innovative presenti oggi nel mercato per un fritto perfetto?
Per un fritto di qualità, l’olio deve rimanere alla temperatura di frittura. Ogni olio ha il suo punto di fumo e se questo viene superato, diventa cancerogeno, pertanto è fondamentale rispettarlo. Per cibi che non devono avere profumi, suggerisco olii neutri, come l’olio di semi o di arachidi. Se invece desiderate friggere dei dolci, potete utilizzare quello di mais. L’unico olio bandito dalla mia cucina è l’olio di palma. Sono ambientalista e l’olio di palma sta causando un enorme disastro: la deforestazione. Anche voi, siate consapevoli. Infine, per i professionisti con problemi di spazio o di aspirazione, esistono friggitrici ad aria, che agiscono su materie prime contenenti olio all’interno: una soluzione valida per spazi limitati.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ho avuto la fortuna di sperimentare la quotidianità africana che mi ha portato a cambiare il mio modo di pensare. Sono innamorato di quella terra, tanto che ho deciso di investire in un progetto 100% green e sostenibile, che rappresenta in pieno i miei ideali, ma ve ne parlerò più avanti.
Crediti foto: Food Loft