Il frumento è sin dalla preistoria il cereale più conosciuto; questa caratteristica dipende dalla sua adattabilità ad ogni tipo di terreno ed a differenti climi. Anno dopo anno, il settore ha registrato una crescita costante; ma il 2020 pare registrare un inversione di tendenza, stando ai dati della produzione nazionale di frumento duro 2020 di Italmopa.
Più superfici, meno volume produttivo
Nonostante l’incremento delle superfici, la produzione nazionale di frumento duro avrebbe registrato nel 2020 un volume produttivo di circa 3,9 milioni di tonnellate. Il dato è in contrazione del 2,5% rispetto alla produzione 2019 stimata in circa 4 milioni di tonnellate, a fronte di un fabbisogno dell’Industria molitoria superiore a 5,8 Milioni di tonnellate.
Questi i dati, ancora provvisori, resi noti da Italmopa-Associazione Industriali Mugnai d’Italia (Federalimentare-Confindustria) che rappresenta, in via esclusiva, l’Industria molitoria nazionale.
La riduzione della produzione nazionale è ascrivibile, in larga misura, alla contrazione del 25% della produzione della Regione Puglia causata dall’anomalo andamento climatico. Ciononostante la Puglia, con una produzione di circa 760.000 tonnellate di frumento duro, si conferma la principale area produttiva del Paese. Nei gradini successivi troviamo invece la Sicilia, le Marche e l’Emilia Romagna.
Il punto di vista degli esperti
È comunque opportuno evidenziare che la produzione nazionale di frumento duro non è destinata interamente all’Industria molitoria” sottolinea Cosimo De Sortis, Presidente Italmopa. “Annualmente, almeno 300.000 tonnellate sono destinate all’export, alla produzione di sementi o declassate ad altri usi. Questo elemento riduce l’effettiva disponibilità di materia prima nazionale e incrementa, inevitabilmente, le previsioni di import per il 2020 ad almeno il 40% del fabbisogno” conclude.
“Per quanto concerne l’aspetto qualitativo – prosegue Francesco Divella, Presidente della Sezione Molini a frumento duro Italmopa – registriamo nelle Regioni Sicilia e Puglia un incremento di circa 1 punto percentuale del tenore in proteine del grano duro, tradizionalmente considerato il principale parametro qualitativo, mentre nelle altre principali Regioni produttrici la situazione appare, sotto questo aspetto, meno favorevole ma comunque complessivamente soddisfacente”.
Comunicato Stampa Italmopa – Laura Pierandrei