I due anni difficili a causa della pandemia, dell’approvvigionamento delle materie prime e della carenza di personale, il settore delle birre artigianali ha sofferto di una perdita di produzione e fatturato che si aggira oltre al 70%. È la stima contenuta nell’ultimo report di Assobirra. Ora, però, il mercato della birra ha raggiunto livelli importanti: e si guarda al futuro con positività.
Un primo successo è il riconoscimento della Legge di Bilancio della filiera brassicola. Ad oggi le filiere di orzo da birra e del luppolo sono certificate come vere e proprie filiere. Un traguardo che afferma il valore del comparto della birra artigianale in Italia. Ovvero il 4% del mercato nazionale, una produzione media di 500.000 ettolitri l’anno con una fatturato di oltre 250 milioni di euro. E occupa 7.000 addetti, secondo Unionbirrai.
La rivincita sul mercato della birra artigianale italiana
La birra artigianale è scelta sempre più da famiglie e giovani, in particolare tra i Millennial. Stando al rapporto Istat, più della metà dei Millennial è un conoscitore delle varie tipologie di birra, da quelle delle bottiglie da collezione, alle profumate e variopinte.
I risultati importanti non si fermano qui. Il segmento della birra artigianale rappresenta un valore di oltre 38 miliardi di dollari nel mercato globale. È prevista una crescita del 14,1% l’anno fino al 2027.
Sul mercato europeo si prevede che la birra artigianale aumenterà di 666,34 milioni di litri entro il 2025 (+6,20%). Notizie positive in generale per la birra italiana. Dall’Annual Report 2020 di Assobirra si evince che la birra italiana è tra quelle con la migliore reputazione in Europa. Terza in classifica, superando tutti i paesi a grande tradizione birraria. Germania e Regno Unito rimangono i mercati con la crescita di mercato più veloce, mentre l’Italia si trova al quarto posto in Europa per birrifici artigianali. Prima del Belpaese ci sono Regno Unito, Germania e Francia (fonte: Unionbirrai).
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Fonte: Studio realizzato da Espresso Communication
Fonte: Speech di Giovanni Porcu, CEO e fondatore di Doppio Malto