Il mercato della pizza in Italia fotografato da CNA
La CNA, abbreviazione di Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della piccola e media impresa, è una delle organizzazioni italiane di rappresentanza delle imprese dell’artigianato e della PMI.
Lo studio di CNA sulla pizza in Italia
Anche quest’anno si è prodigata in uno studio approfondito del mondo pizza in Italia, piatto tipico e sempre più caratterizzante del nostro paese e del nostro made in Italy. Uno studio tutt’altro che facile se si pensa che l’ultima edizione fotografava il mercato 2019, quindi in epoca pre-covid ed oggi, purtroppo, pre-guerra e relative tensioni.
Una ricerca non semplice, quindi, se si considera la difficoltà nell’individuazione del numero esatto di attività che si occupano di produrre e vendere la pizza, poiché il dato non si estrapola da un’unica banca dati ma “per quanto riguarda le modalità della ricerca, diciamo che fa riferimento ad uno studio pazzo e disperatissimo” riferisce Gabriele Rotini dell’ufficio studi CNA, in qualità di responsabile Nazionale CNA Agroalimentare.
Il macro dato che emerge dallo studio, in sintesi: in questi due anni che hanno messo a dura prova la capacità di resistenza dei ristoratori italiani, il numero di attività che producono e vendono pizza in Italia è calato del 4,3%. Ma a fronte di questo dato di sintesi, ci sono sicuramente molti criteri differenti con cui analizzare il mercato e… molte sorprese.
Siete pronti a scoprirle?
La pizza è un cibo popolare e democratico, pertanto è facile poterla trovare in moltissime attività che si occupano di ristorazione: non solo pizzerie dunque, ma molte altre attività che per passione, necessità o opportunità di business hanno inserito questo prodotto all’interno della loro produzione e della loro proposta.
La chiusura della ristorazione ha significato, per il 2020, un arretramento della spesa per consumi alimentari fuori casa del -48% rispetto al 2019. Una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro. Il rallentamento dell’export e il calo dei ricavi della ristorazione ha impresso un segno negativo anche sulla produzione dell’industria alimentare. Dopo anni di crescita, traccia un -2,5% nel 2020, pur andando meglio del manifatturiero nel complesso.
Due anni di pandemia hanno fortemente colpito il settore della pizza
Il numero di attività che producono e vendono questo prodotto in Italia è sceso del 4,3% rispetto al 2019, attestandosi a quota 121.462.
La chiusura dei ristoranti e il calo dei ricavi hanno avuto ripercussioni negative anche sul resto della filiera e sull’occupazione. Il rincaro dell’energia e l’aumento dei prezzi delle materie prime agricole rappresentano una nuova minaccia per la ripresa del comparto.
Il duro colpo provocato dal Covid
Il lockdown, lo smart working, le restrizioni al movimento e lo stop dei viaggi internazionali hanno frenato il turismo e ridotto le occasioni di socialità. Questo ha limitato molto, fino ad azzerare, l’attività dei ristoranti.
Queste dinamiche hanno interessato anche la filiera della pizza: da un lato, tra il 2019 e il 2021 è calato il numero di ristoranti pizzeria, bar pizzeria, rosticcerie e gastronomie; dall’altro, è aumentato quello delle pizzerie d’asporto del 37,5% (da 14.579 a 19.669), che hanno così ampliato la loro quota di mercato (dall’11% al 16%).
L’analisi della pizza in Italia
Proprio le pizzerie d’asporto sono state le prime a fornire l’opzione del servizio a domicilio (oggi lo effettuano 9.245 realtà, il 47%, quasi una su due). Una soluzione adottata per compensare il calo delle vendite generato dagli effetti indiretti delle misure di contenimento della pandemia.
L’analisi statistica rivela che tra il 2019 e il 2021 le attività inerenti alla pizza sono calate del 4,2%, vale a dire di 5.366 unità, scendendo nel complesso a quota 121.529.
La regione che ha subito il più brusco arretramento è stata la Campania. Ha perso il 41,1% delle attività, 7.173 in numero assoluto, precipitando a 10.263 pizzerie.
Il calo ha coinvolto perlopiù le regioni centro-meridionali, a seguire la Campania, nell’ordine: il Lazio (-34,8%), l’Abruzzo (- 28,4%), la Sicilia (-14,8%), l’Umbria (-13%).
All’opposto la Basilicata (+102,6%), la Val d’Aosta (+75%), il Friuli Venezia Giulia (+59,8%), il Trentino Alto Adige (+39,5%).
A sbalordire è la crescita in termini assoluti nelle più grandi regioni settentrionali
La Lombardia, che incrementa complessivamente il numero delle attività legate al mondo della pizza di 3.489 unità (+24,6 per cento), scalza così la Campania dal gradino più alto del podio, toccando quota 17.660 attività. Rimarchevoli anche gli aumenti di Emilia Romagna (+1.496 attività), Veneto (+1.268 attività), Piemonte (+1.148 attività).
Densità per abitante
A capeggiare la graduatoria delle regioni è la Basilicata (un’attività ogni 206,3 residenti), seguita da Calabria (un’attività ogni 249,2 residenti), il Molise (un’attività ogni 263,9 residenti). Quindi, nell’ordine, Abruzzo, Valle d’Aosta, Marche, Toscana, Puglia, Sicilia, Liguria, Umbria, Emilia Romagna, Trentino-Alto Adige, Campania, Lombardia, Piemonte, Veneto, Lazio e, fanalino di coda, Friuli Venezia Giulia con un’attività ogni 694,5 abitanti, ben lontana dalla media nazionale di un’attività ogni 485,3 residenti
Pizzerie da asporto e i ristoranti pizzeria
Ne viene fuori la fotografia di un Paese che, complice la pandemia, ha profondamente modificato molte abitudini, anche alimentari.
I ristoranti pizzeria tra il 2019 e il 2021 sono calati di 87 unità, scendendo da 39.989 a 39.902, ma registrando autentici crolli, tra le principali regioni, in Campania (1.376 in meno, pari al – 28,2%) e nel Lazio (744 in mano, vale a dire il -23,42%) e balzi in Trentino Alto Adige (935 inaugurazioni ossia il +239,13%), Emilia Romagna (1012 aperture pari al +48,37%), Veneto (508 inaugurazioni, +28,56%), Lombardia (636 aperture, +12,45%).
Una crescita che ha permesso alla Lombardia di consolidare il primato nella graduatoria dei ristoranti pizzeria con 5.744 attività, davanti alla Campania con 3.503, tallonata dalla Toscana con 3.497.
Pizzerie da asporto
Crescita esponenziale si è al contrario registrata tra le pizzerie da asporto, favorite dalle restrizioni sanitarie e dal lavoro da remoto, che costringevano in casa.
Tra il 2019 e il 2021 le pizzerie da asporto sono salite del 38% vale a dire di 5.367 unità arrivando a 19.669 attività complessive. In termini relativi è la Basilicata ad aver fatto il botto, come si dice, segnando una crescita del 2.088%. Ma sono le 2.348 (+151%) inaugurazioni di pizzerie da asporto in Lombardia ad aver segnato la differenza.
Significative pure le 1.109 (+175 per cento) aperture in Emilia Romagna e le 656 (+98%) in Sardegna. Anche per le pizzerie da asporto, però, la tendenza negativa delle regioni centro- meridionali non s’inverte: -32% le attività in servizio in Calabria, -12% in Campania, -9% nel Lazio.
Nonostante l’arretramento, però, tra le pizzerie da asporto la Campania continua a primeggiare con 1.849 attività, seguita da Lombardia con 1.559 e Sicilia con 1.552