L’App ITA0039 e le nuove tecnologie per l’agroalimentare italiano

Secondo il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) nel 2019-2020 il comparto agroalimentare italiano ha raggiunto  un giro di affari di  522 miliardi di euro (il 15% del Pil nazionale), confermandosi il più grande mercato in Europa e, per questo motivo, uno dei più imitati. Da anni, non sempre con successo, si cerca di contrastare il fenomeno dell’imitazione del “Made in Italy” perciò vediamo di capire meglio le implicazioni di questo fenomeno.

App ITA0039 agroalimentare

L’Italia è sinonimo di buon cibo

L’italiano è la quinta lingua più studiata al mondo e una delle motivazioni che gli studenti riportano per aver scelto il nostro idioma è il venire a stretto contatto e conoscere il nostro cibo in loco. Questo dato figura nel report annuale di Preply, sito che offre corsi di lingua online 24/7 mettendo in contatto diretto insegnanti e studenti. Ci dà la misura di quanto il nostro Paese sia associato alla cultura del mangiar bene e allo stereotipo della dolce vita.

La tradizione italiana è intrisa di eccellenze e a queste si richiamano coloro che sfruttano l’immagine del nostro Paese per promuovere un falso “Made in Italy”. Non si tratta solo di camuffare un prodotto con un nome “simil-italiano” o “Italian sounding”, ma di mistificare un vero e proprio stile di vita.

Un esempio? Le pizzerie napoletane all’estero dove si suonano opere di Verdi, con quadri di Venezia alle pareti. Solo disastri al di fuori dei confini nazionali? Fortunatamente no, ci sono anche chef eccellenti che tengono alto il nome del Belpaese  vincendo le più rinomate rassegne internazionali.

App ITA0039 agroalimentare

Misure e tecnologie per contrastare il falso “Made in Italy” agroalimentare

Recentemente le Istituzioni hanno messo in campo misure sempre più innovative per limitare l’”Italian Sounding”. Tra le più interessanti c’è l’App ITA0039 che, in seguito a un’ispezione effettuata dall’istituto certificatore ASACERT, attesta i veri ristoranti italiani all’estero. Inoltre nel 2021 il MISE ha stanziato 3 milioni di euro e ha elaborato un piano in 13 punti per garantire che solo attività rispondenti a determinati requisiti possano utilizzare attestazioni come “Ristorante italiano nel mondo”.

In questo scenario si collocano anche quei prodotti che si attribuiscono alla cucina italiana. E che mai sono stati serviti in un ristorante del “Bel Paese”. Ecco alcuni tra i piatti meno nostrani e più famosi al mondo: il parmesan; le fettuccine Alfredo e al ragù (che si traduce all’estero in pasta con le polpette); la pizza pepperoni, che non è una pizza coi peperoni, ma con un salame piccante, e la notissima Caesar salad.

Infine, qualche tempo fa si era pensato all’introduzione dell’innovativa tecnologia Blockchain (un registro digitale protetto dalla crittografia, i cui dati sono “incatenati” gli uni agli altri e pertanto non modificabili) in questo ambito. Grazie al Blockchain, si potrebbero condensare i dati relativi alla provenienza e al processo produttivo di un alimento in un QR code scannerizzabile dal cliente. La trasparenza e la facilità nel reperire dati, potrebbero così servire per il fine comune di difendere i nostri palati e la nostra economia.


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