Nuovo DPCM: il pensiero e le riflessioni di chef e pizzaioli

La ristorazione non ci sta. A seguito del nuovo DPCM del 25 ottobre e delle nuove restrizioni che coinvolgono il comparto ristorativo, numerosi e noti chef si sono uniti in una protesta comune sui media e social network. Il nuovo DPCM in vigore da lunedì 26 ottobre a martedì 24 novembre vedrà la chiusura alle 18.00 per tutte quelle attività della ristorazione, quindi bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, gelaterie, pub e simili. Potranno, invece, restare aperti la domenica e i giorni festivi, sempre fino all’ora stabilita nel nuovo DPCM. 

Numerosi chef stellati hanno quindi condiviso il proprio sconforto, la propria rabbia e le proprie riflessioni su questa decisione che potrà dare il colpo di grazia ad un comparto fondamentale per il nostro Paese. Gli Ambasciatori del Gusto si schierano con un appello al governo: “Lo abbiamo già dimostrato con i fatti e lo ribadiamo: siamo pronti a fare sacrifici per la salute pubblica e per il bene del Paese ma chiediamo rispetto per la nostra categoria attraverso un concreto coinvolgimento nel processo decisionale e un immediato chiarimento circa le misure economiche necessarie per non fare fallire l’intero settore della ristorazione, da applicare con urgenza”.

Anche Antonino Cannavacciuolo, in un’intervista al Corriere della Sera, ha raccontato il suo pensiero: “A questo punto non ci si doveva nemmeno arrivare. Noi ristoratori da maggio abbiamo rispettato tutte le leggi, ridotto i coperti, distanziato, riaperto in sicurezza e ora rischiamo di dover chiudere di nuovo? No, non ce lo meritiamo proprio”. 

nuovo dpcm ciccio sultano

Come scrive su Instagram Ciccio Sultano, patron del ristorante Duomo di Ragusa “Sono senza parole, di fronte alla prospettiva che dovremo chiudere alle sei del pomeriggio. Tanta vale aprire solo per il pranzo o non aprire proprio. È inaccettabile che, invece, di assumerci tutti una fetta di responsabilità, si decida per la legge del taglione. Posso dire che, dal momento della riapertura a oggi, il mio Ristorante come chiunque si sia attenuto e abbia fatto rispettare le regole, ha rappresentato una sorta di presidio medico. Nel mare magnum della ristorazione, le situazioni e i comportamenti non sono sempre gli stessi. Fare di tutta l’erba un fascio, di solito, denota un fondo di paura o di incomprensione della realtà”.

Niko Romito, Chef tre stelle del ristorante Reale a Castel di Sangro (AQ), condivide su Facebook un lungo pensiero sul nuovo DPCM, del quale riportiamo un estratto: ” Finito il turno di pranzo credo che tanti miei colleghi oggi si siano fermati e abbiamo posato il loro sguardo, come me, un attimo in più sui volti dei propri dipendenti, dei propri collaboratori. Un misto di rabbia, frustrazione e paura mi ha colto pensando al loro e al mio futuro mentre li vedevo intenti a pulire e far splendere la cucina, per renderla pronta come sempre per il turno della cena. Quella che sarà l’ultima cena. Sì perché quella di questa sera, domenica 26 ottobre 2020, sarà per molti ristoranti in Italia probabilmente davvero l‘ultima.

nuovo dpcm niko romito

Tanti di noi non avranno la forza di reggere alla scelta del governo di far chiudere bar e ristoranti alle 18 e di costringere un intero settore a rinunciare per un periodo di tempo probabilmente indeterminato a ben più del 50% del proprio fatturato. Non sarà sufficiente per molti di noi il “cospicuo sostegno” promesso dal governo per poter affrontare questa seconda traversata nel deserto nel giro di neanche otto mesi. La ristorazione italiana con questa decisione subirà un colpo letale. Tanti amici, ma anche ristoratori che non conosco in queste ore stanno valutando il da farsi: restare aperti per un solo turno e decidere come gestire il carico di lavoro fra i dipendenti o chiudere? Dopo la fine del lockdown la gran parte degli imprenditori del nostro settore ha riaperto investendo in termini di procedure, protocolli e strumentazioni per garantire ai propri clienti un’esperienza in piena sicurezza. Allo stesso modo abbiamo fatto per i nostri dipendenti: test settimanali di controllo, precauzioni, massima attenzione nella vita quotidiana fuori dal luogo di lavoro. Tutto questo non è stato sufficiente per instillare nei decisori pubblici l’idea che il nostro settore potesse garantire standard di sicurezza adeguati.

I bar e i ristoranti scontano il pregiudizio di essere luoghi ad alto rischio di contagio. Non lo sono le fabbriche o altri luoghi che potranno continuare ad operare per sostenere l’economia del Paese. Noi no. Non voglio criticare la decisione del governo, comprendo che il momento non sia facile e che le scelte da prendere possano produrre scontento e incomprensione. Non voglio sostenere che forse era meglio chiudere tutto un’altra volta, perché così appare una scelta parziale a punitiva solo per alcune categorie. Sento solo il dovere di condividere l’amarezza di questo momento perché tanti colleghi vedono in noi chef stellati un punto di riferimento, un modello, a volte una fonte di ispirazione”.

Tra gli imprenditori della ristorazione, anche il mondo pizza si schiera in questa protesta nel rispetto delle nuove restrizioni comunicate da Giuseppe Conte nel nuovo DPCM. Franco Pepe nel suo profilo Instagram scrive: “Abbiamo lavorato tanto per garantire la sicurezza dei nostri ospiti e la nostra. Nonostante questo ci rimettono in #attesa di miglioramenti ai quali non possiamo contribuire. Si spengono le luci, anche questa volta. Data la posizione periferica del nostro locale garantire l’asporto sarebbe impossibile. Ci faremo carico dell’emergenza sociale restando in attesa, ma non smetteremo di sostenerci a vicenda, lasciando nei nostri forni accesa almeno una fiamma, quella della #speranza!”. 

Da Ansa, Chicco Cerea del ristorante tre stelle Michelin Da Vittorio a Brusaporto commenta così: “Sono frastornato di fronte a questo stillicidio continuo. In questo modo le aziende non possono reggere. Siamo, privi di fiducia, in attesa di vedere se il Governo interverra’ a supporto del settore. Chi ha la nostra dimensione aziendale, deve reggere costi elevati, prendersi carico di duecento dipendenti, capire come non interrompere l’attività”.”Mi ha fatto male vedere assembramenti per andare a sciare, mentre pare non ci sia alcuna volontà di valutare davvero come funziona la ristorazione – aggiunge Cerea -, dove controlli e regole sono applicate quotidianamente e più volte al giorno. Come gruppo Da Vittorio apriremo solo a pranzo e ripartiremo con il delivery, che resta, e voglio essere chiaro, una sorta di palliativo”.

Anche Alfonso Iaccarino di Don Alfonso 1890, con un certo rammarico, esordisce ad Ansa: “I ristoranti sono luoghi tra i più sicuri che esistano, con personale sistematicamente sottoposto ai test, norme di igiene e sicurezza e tutto quanto è necessario a impedire il contagio. È incomprensibile che mentre noi dobbiamo chiudere, altri luoghi possano restare aperti”. Continua: “La nostra categoria è estremamente danneggiata, siamo tra coloro che pagano il prezzo più alto a causa di decisioni che preoccupano moltissimo, soprattutto in un momento in cui non vedo un disciplinare sanitario unico, ognuno dice la sua e interpreta diversamente i dati. Moltissimi operatori del settore della ristorazione sono in enorme difficoltà , non possono più guadagnare la giornata per se stessi e per le loro famiglie. Voglio lanciare un messaggio e spingere alla solidarietà chi ha uno posto fisso e in questo periodo può contare su di uno stipendio sicuro: uscite e frequentate i ristoranti”.

Crediti foto Niko Romito: Alberto Zanetti
 


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