Quanto guadagnano gli attori della filiera pane e pasta?
Per ogni euro speso in pasta dal consumatore, sulla base di una media calcolata nell’arco degli anni 2008/2018:
• 24,1 centesimi sono destinati al produttore agricolo
• 6,4 centesimi vengono guadagnati dal Molino
• 37,9 centesimi vanno al Pastificio
• 31,6 centesimi appartengono alla distribuzione
Per ogni Euro speso in pane dallo stesso consumatore, questa volta sulla base di una media calcolata tra il 2014 e il 2018:
• 8,6 centesimi sono destinati al produttore agricolo
• 2,9 centesimi vanno al Molino
• 34,0 centesimi vengono guadagnati dai produttori di pane sfuso all’ingrosso
• 54,5 centesimi vanno alla distribuzione (vendita al dettaglio)
Questo il dato emerso a seguito di uno studio condotto da ISMEA – Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, Ente pubblico vigilato dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. Tale studio ha ricostruito, sulla base di dati inconfutabili, la catena del valore nella filiera frumento duro-pasta e nella filiera frumento tenero-pane chiarendo come si ripartisce il valore creato lungo la filiera tra i vari attori: produzione agricola, molini, pastifici, distribuzione.
“Siamo certi che le conclusioni fornite da questo interessante quanto autorevole studio risulteranno inaspettate per la maggior parte dei consumatori che sono stati ormai convinti, attraverso una intensa attività di “condizionamento”, che esiste un forte squilibrio all’interno della filiera che penalizza la sola produzione agricola” fa notare Cosimo De Sortis, Presidente di Italmopa – Associazione Industriali Mugnai d’Italia aderente a Confindustria e Federalimentare.
“In realtà lo squilibrio esiste effettivamente ma nel senso opposto a quanto sostenuto sino ad oggi, poiché a costituire l’anello maggiormente penalizzato delle filiere frumento duro-pasta e frumento tenero-pane in termini di ridistribuzione del valore è proprio l’Industria molitoria – aggiunge De Sortis che conclude – a dare ancor più forza a quanto affermato da questo studio, il fatto che esso derivi da un Ente pubblico indipendente da interessi di parte e, in particolare, del mondo industriale. Ci auguriamo che quanto affermato da ISMEA possa smascherare almeno in parte la disinformazione – troppo spesso dettata, in questo caso sì, da interessi, di parte – che è stata diffusa sulla materia e aiutare i consumatori a orientare le proprie scelte in modo sempre più consapevole”.