Nel Lazio la storia del pane cominciò con i Latini e con le loro focacce, più o meno simili alle odierne pizze. E ancora oggi i nomi dei vari tipi di pane di questo territorio lasciano intravedere il filo rosso, ininterrotto, con un antico passato. Dalla Ciriola, alla Falia, per proseguire con la pizza, proposta in una versione più bassa e croccante, praticamente priva di crosta intorno.
Per gli abitanti della capitale degustare la pizza bianca è un autentico rito. Anticamente essa veniva introdotta nel forno al fine di verificarne la temperatura perché, cocendo più o meno rapidamente, segnalava il grado di calore ideale per il pane.
La tradizione romana affianca al pane casereccio, da affettare, la Ciriola, un pane dalla forma allungata prodotto in tutto il Lazio. Secondo alcuni, il nome Ciriola deriva dal suo caratteristico colore, simile a quello di una candela (dal latino cerula = pezzetto di cera).
Secondo altre fonti, il nome è derivato dalla relativa somiglianza nella forma ad una piccola anguilla, tipica delle acque Tiberine.
Il pane tradizionale romano
La caratteristica forma allungata risulta ideale per la preparazione di panini: la Ciriola, comunemente chiamata anche Anguilletta, sta infatti ai romani come la Michetta ai milanesi. Ricca di mollica, era il panino degli appetiti robusti dei lavoratori manuali, preparato con ogni sorta di pietanza: prosciutto, mozzarella, formaggio, tonno…
L’impasto della Ciriola, ottenuto lavorando a lungo farina, lievito sciolto in acqua tiepida e sale, viene fatto riposare per almeno sei ore. E ulteriormente lavorato prima di formare dei filoni di 100 grammi ciascuno, a cui viene data una forma allungata, rigonfia al centro, incisi sul dorso nel senso della lunghezza. Che si lasciano lievitare per circa mezz’ora prima di essere infornati.
Tra i più famosi pani tradizionali del Lazio abbiamo poi la Ciambella Sorana. Anticamente era preparata il 17 gennaio, in occasione della festa di S.Antonio, per essere donata ai proprietari degli animali che venivano benedetti. La Falia, contraddistinta dalla caratteristica forma a ciabatta, lunga e schiacciata, con profonde infossature nella sua lunghezza. Il Pane di Salivano, sciapo e friabile, con crosta spessa e croccante di color nocciola.
Il viaggio nella tradizione continua…
E ancora, troviamo il Pane scuffiato di Velletri, preparato tramite una tecnica particolare, la “scuffiatura”, o gonfiatura, fatta per crearvi uno spazio vuoto alla base. Il Pane giallo, golosa eccezione in un panorama dominato dal grano tenero. Viene preparato senza sale e confezionato con la semola rimacinata di “triticum durum” (grano duro), coltivato in loco. I Pani Casarecci dei Monti Lepini, una famiglia piuttosto ampia e variegata di pani tradizionali, generata in alcuni centri delle province di Latina e Frosinone.
Il Pane Casareccio Di Genzano (IGP) è ottenuto da farina selezionata, lievito naturale, sale ed acqua. Viene prodotto appunto nel comune di Genzano, nei pressi di Roma. L’origine storica del pane di Genzano è legata alla tradizione contadina della zona. Il pane veniva infatti lavorato dalle singole famiglie e la cottura avveniva in forni a legna denominati “soccie”.
Il pane di Genzano era già apprezzato nel XVIII secolo per le sue peculiari caratteristiche, per il suo profumo e la sua fragranza, che rimangono inalterate per una settimana. Tuttavia è a partire dalla metà del ‘900 che ha avuto successo presso gli abitanti di Roma. Veniva trasportato di notte e venduto il giorno successivo nei panifici locali, come accadeva anche per il celebre Pane di Vicovaro.
Per i cittadini di Roma, Vicovaro era infatti il paese del pane. Tutti gli abitanti erano impegnati nella panificazione, sia lavorando di notte nei forni, che cercando di vendere il pane al mattino per le strade dell’Urbe.