La storia del Panettone ha origini antiche. Ci troviamo nella Milano degli Sforza, quella di Francesco I e Ludovico il Moro nel‘400-500.
Città misteriosa, intrigante, di delitti ma anche di radicate tradizioni. Città nella quale un’usanza natalizia d’origine viscontea e nordeuropea raggruppava intorno al ciocco di Natale la nobiltà meneghina, tra cui anche Bianca Maria, ex moglie di Ermes Visconti. Davanti al camino nel salone principale del Castello Sforzesco (meraviglioso castello), il Duca usava bagnare con il vino il grande tronco che sarebbe durato fino all’Epifania. Avrebbe poi tagliato 3 pani, di cui una fetta sarebbe stata conservata fino al Natale successivo come simbolo di continuità. Quel pane era il “Panettun”.
Tra storia e leggenda
La storia del panettone è avvolta nella leggenda o meglio nelle leggende.
La prima narra di un amore non corrisposto tra il falconiere Ughetto degli Atellani e la bella Adalgisa, figlia di un fornaio. Per conquistarla, Ughetto si fa assumere dal panettiere come garzone. Il panettiere è in crisi, per cui Ughetto detto Toni decide di vendere due suoi falconi per acquistare burro, uvetta, zucchero, uova, cedro e arancia canditi. Il pane che ne viene fuori, risolleva le sorti del forno e dà ad Ughetto le chiavi per il cuore dell’Adalgisa.
Un’altra leggenda è quella che lega la nascita del panettone alla suora Ughetta, che per festeggiare il Natale nel suo povero convento stende una focaccia, facendovi sopra un segno di croce. A sera, Ughetta trova la focaccia gonfia all’inverosimile: s’è trasformata nel panettone odierno.
La terza leggenda. È Natale: la corte di Ludovico il Moro è piena di aristocratici. Dopo una cena sfarzosa ci s’attende un dolce natalizio di pari ricchezza ed esclusività. Nelle cucine, però, qualcosa è andato storto e il dessert s’è bruciato. Il piccolo sguattero Toni, provvidenzialmente per tutti, aveva tenuto per sé un po’ di burro con il quale era riuscito a creare un pane speciale. Umilmente, privandosi del suo pane di festa, lo offre al capocuoco che subito lo presenta a Ludovico il Moro e alla sua corte. Il dolce riscuote un grandissimo successo, diventando così il “pan de Toni”.
La vera storia del panettone
La storia, però, è ben diversa. Fino al 1395, infatti, i panettieri di Milano potevano produrre pani da ricchi, ossia tutti quelli di frumento, solo a Natale (ne era escluso il Prestino dei Rosti, fornitore dei più abbienti). Per Natale, quindi, c’era l’usanza di consumare pani di qualità e il panettone ne fu la naturale evoluzione.
A nominare per la prima volta il lievito è il “Nuovo cuoco milanese economico”, ricettario di Giovanni Felice Luraschi. Era il 1853. I canditi (in particolare quelli di cedro) compaiono nel 1854 su un trattato di cucina e pasticceria di Giovanni Velardi, cuoco dei Savoia. È da notare, quindi, come il dolce fosse già diffuso in tutto il Nord.
La forma del panettone moderno: un’evoluzione durata cent’anni
Lo dice il nome stesso: il panettone era un grande pane, che fino all’inizio del ‘900 veniva infornato senza l’ausilio di stampi. Di conseguenza era notevolmente più basso. Il motivo? Il ridotto apporto di grassi nell’impasto, di gran lunga inferiore a quello presente nei panettoni odierni. Oggi, infatti, se ne usano dai 600 ai 700 gr. per kg di farina, per non parlare del numero di tuorli impiegati nella preparazione.
Fu Angelo Motta a dar forma al panettone moderno negli anni ’20 del ‘900. Probabilmente, il pasticcere, fornaio ed imprenditore di Gessate fu influenzato dal kulič russo, che produsse in 200 unità per la comunità ortodossa milanese. Il kulič è un dolce pasquale molto simile al panettone, dal quale si differenzia per l’utilizzo di spezie tipicamente orientali (noce moscata, cardamomo…). La vera particolarità del kulič, però, è quello di essere molto alto. Motta, quindi, aumentò i grassi all’interno dei suoi panettoni e li fasciò con carta paglia, dandogli così uno slancio verticale.
A Milano non è raro trovare panettoni che abbiano la vecchia conformazione bassa.