Il mondo della ristorazione sta attraversando una delle sue fasi più difficili. Negli ultimi anni, i ristoratori si trovano schiacciati da un aumento continuo delle materie prime, da bollette sempre più salate e da una preoccupante difficoltà nel reperire personale qualificato. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 ORE, la reazione più immediata a questa crisi è stata l’aumento dei prezzi sui menù. Tuttavia, questa strategia si è dimostrata spesso inefficace e, in alcuni casi, addirittura dannosa per la fidelizzazione della clientela. Perché aumentare i prezzi non è più sufficiente?
Aumentare i prezzi manda in tilt i bilanci
Il quadro è confermato una recente indagine di TNI Ristoratori Italia, riportata da Food Affairs, secondo cui da ottobre 2023 i prezzi nei ristoranti italiani sono aumentati tra il 5% e il 12%. A guidare la classifica dei rincari vi è l’olio extravergine di oliva, il cui prezzo è raddoppiato, passando da 5-6 euro a ben 10-12 euro al litro. Si aggiunge a ciò l’aumento delle spese energetiche e la difficoltà crescente nel trovare personale preparato, due fattori che stanno complicando ulteriormente la gestione quotidiana dei locali. L’impatto sui margini è drammatico e molti imprenditori faticano a tenere aperte le loro attività.
Quando aumentare i prezzi non basta (più)
Ma se aumentare i prezzi può sembrare una soluzione logica, la realtà dei fatti racconta un’altra storia. Uno studio condotto da Simon Kucher e riportato da GBINews rivela che nel 2023 il 40% dei consumatori ha deciso di ridurre le proprie uscite al ristorante. Il motivo principale è da ricercare nella percezione di un rapporto qualità/prezzo non più conveniente. Questo dato conferma che i clienti oggi sono molto più attenti e selettivi: non sono disposti a spendere di più se l’esperienza complessiva non è all’altezza delle aspettative. Senza un valore aggiunto tangibile, il rischio di allontanare la clientela è concreto
L’importanza di una strategia di pricing strutturata
Come spiega bene RistoratoreTOP, alzare i prezzi non dovrebbe mai essere una decisione isolata, ma il risultato di una strategia ben studiata. È fondamentale che il ristoratore tenga conto non solo dei costi, ma anche del posizionamento del proprio locale e, soprattutto, della percezione del cliente. Un esempio eloquente è quello di Massimo Bottura, che riesce a proporre menù a prezzi elevati grazie a un’offerta gastronomica unica, altamente curata e riconoscibile. Questo dimostra che i clienti sono sì disposti a pagare di più, ma solo se ricevono in cambio un’esperienza superiore sotto ogni punto di vista, dall’accoglienza alla qualità dei piatti.
Cosa possono fare i ristoratori oggi oltre ad aumentare i prezzi
In un contesto economico così instabile, è evidente che alzare i prezzi non può più essere l’unica via percorribile. I ristoratori sono chiamati a ragionare in termini più ampi e lungimiranti. Devono lavorare sull’ottimizzazione interna, riducendo gli sprechi e rendendo più efficienti i processi, anche attraverso la digitalizzazione. Devono investire nella formazione e nella valorizzazione del personale, perché il capitale umano resta un elemento chiave nella fidelizzazione del cliente. Allo stesso tempo, è indispensabile migliorare la comunicazione, rendendo chiara e percepibile l’identità del locale e il valore reale dell’esperienza offerta. Infine, ogni dettaglio dell’esperienza del cliente – dal primo contatto fino al conto – deve essere curato e coerente, per rendere ogni visita memorabile e giustificare il prezzo richiesto.
La ristorazione deve cambiare rotta e innovarsi
Il futuro della ristorazione non dipenderà da quanto si riuscirà ad alzare i prezzi, ma da quanto si sarà in grado di ripensare il proprio modello di business in modo sostenibile. Serve una visione strategica, una gestione più razionale dei costi, e una forte capacità di innovazione. Solo così i ristoranti potranno resistere alla pressione economica attuale e trasformare questa crisi in una concreta opportunità di rilancio.