Piatti e bicchieri sono importantissimi
L’abbinamento sempre. Primo perché cibo e vino sono buoni da soli. Secondo perché insieme sono ancora meglio. Esempi? Tanti. La tavola si ama e a tavola si ama. Mi fermo qui per non far diventare un potenziale pezzo sul vino rosso, in un articolo a luci rosse. Ancora, a tavola si chiudono affari. Si stringono amicizie. Si scoprono persone e luoghi. L’Italia è piena di incroci relativi a vini e ricette dedicate. In alcuni territori è il vino a farla da padrone, mentre in altri luoghi è il piatto ad essere più noto. Scendendo sul campo o se preferite su di una regione specifica, possiamo pensare alla Romagna.
Forse fino a pochi anni fa aveva più argomenti da mettere nel piatto piuttosto che nel bicchiere. Un passato non troppo lontano, anche se i passi in avanti che quest’area oggi può vantare, sono merito della storica capacità imprenditoriale romagnola, cui si è aggiunta una presa di coscienza che proprio questa stessa caratteristica, da sola non sarebbe mai più bastata. Certo tanti imprenditori hanno portato prima e fatto tornare nel tempo, centinaia di migliaia di persone verso la stessa spiaggia e lo stesso mare, per altro non proprio caraibico.
Ci venivano, e non hanno ancora smesso, persino dalla Germania, ma anche da altre località di mare. Perché? Perché in Romagna c’era tutto, ma oggi ci vuole di più.
Tutto da rifare? No, perché basta usare pesce locale e cucinarlo semplicemente alla griglia, qui quasi un monoteismo gastronomico, e la piadina, street food per antonomasia, basta farla realmente locale. Come? Utilizzando per le farciture salumi che siano davvero a Km zero, come quelli di razza mora romagnola, o alleggerendola sostituendo al grasso animale l’olio, ma quello di Brisighella, senza dimenticare di prepararla con sale proveniente dalle saline di Cervia. Con poco la Romagna del piatto ha trasformato una possibile globalizzazione in glocalizzazione, dove il locale o se preferite il tipico, ha ancora la sua importanza.
E il bicchiere?
Io lo vedo mezzo pieno. Alcuni produttori hanno infatti acquistato una similare, come già accaduto per il cibo, presa si coscienza dell’importanza del territorio. Chi viene qui per turismo o addirittura per scelta di vita, non vuole una somiglianza o una similitudine, ma verità. Per questo chi ha capito che il Chianti Classico o Montalcino sono da un’altra parte, ha cominciato a fare vini con l’idea che le colline di Rimini o di Forlì siano differenti da altri luoghi, o se proprio la vogliamo dire tutta, siano addirittura uniche.
Quanti hanno capito l’importanza di questa nuova attitudine? Pochi, anche se numericamente in ascesa. Penso alla cantina Umberto Cesari che, vicino al confine con l’Emilia, e nonostante sia una realtà già affermata anche a livello internazionale, abbia deciso di rinnovarsi con una nuova cantina e un’impronta maggiormente territoriale per i propri vini, giocando, ad esempio, su bevibilità e aderenza alla zona di produzione. Un aspetto quest’ultimo perlustrato anche da altre realtà: I Sabbioni e Torre San Martino. La prima azienda sfrutta, come ricorda anche il proprio nome, quei suoli sabbiosi che donano sapidità ed eleganza ai diversi vini, unicamente a base Sangiovese, che la cantina produce. Un po’ più serrato, anche se ugualmente aristocratico e agile, il Sangiovese Vigna 1922 di Torre San Martino.
L’azienda ha preso spunto da una scoperta casuale di un vigneto antico, per costruire il proprio messaggio enologico attorno ad un vino che non cede alle mode gustative tutte concentrazioni e morbidezze, rimanendo invece puro e cristallino, oltre che fedele alla propria area di produzione: Modigliana.
Un aspetto, quello della purezza e della veracità, che contraddistingue spesso i vini, ma anche le persone che li producono. Quando questo accade il livello d’identità, se necessario, compensa spesso il gusto dei rispettivi vini. Esempi di questa corrispondenza? Le etichette, anche non solo a base Sangiovese, come ad esempio i passiti di uva Albana di fattoria Zerbina, dove precisione e grazia sono propri anche della produttrice e proprietaria, Cristina Gemignani e, sempre rimanendo nei bianchi, con il Clemente I della cantina Enio Ottaviani, già autrice di ottimi Sangiovese sulle colline del riminese.