La ristorazione italiana, sinonimo di tradizione e qualità, sta attraversando un periodo complesso a livello globale. Nonostante il continuo apprezzamento dei consumatori, i segnali di crisi economica e identitaria sono evidenti. Rosario Scarpato, ideatore e coordinatore del Gruppo Virtuale Cuochi Italiani (Gvci), solleva preoccupazioni significative riguardo alla visibilità e al riconoscimento della cucina italiana all’estero e dei ristoranti italiani privi di riconoscimenti.
La crisi identitaria della cucina italiana
Scarpato mette in luce un problema cruciale: la scarsità di premi e riconoscimenti per la cucina italiana fuori dai confini nazionali. Il New York Times, noto per le sue recensioni gastronomiche di alta fascia, raramente menziona ristoranti italiani. In Asia, la Guida Michelin mostra riluttanza nel premiare locali italiani, e il 50 Best Restaurant sembra ignorarli. Questo vuoto di riconoscimenti non è solo una questione di prestigio, ma un indicativo di una crisi più profonda legata all’identità gastronomica italiana, con potenziali ripercussioni economiche se non affrontata.
Il dibattito tra alta ristorazione e cucina tradizionale
In Italia, si sta vivendo un acceso dibattito tra alta ristorazione e cucina tradizionale. Mentre il “fine dining” rappresenta l’elite della gastronomia, le trattorie e le osterie contemporanee sembrano riflettere meglio la tradizione culinaria italiana. Tuttavia, Scarpato evidenzia che, all’estero, la sola presenza di uno chef italiano non garantisce la preservazione dell’identità gastronomica.
Programmi televisivi italiani come “Little Big Italy” di Francesco Panella e “4 Ristoranti” di Alessandro Borghese dimostrano l’importanza della cucina tradizionale. “Little Big Italy” mette in competizione ristoranti italiani all’estero, valorizzando piatti tipici come la carbonara e l’amatriciana, lontano dai riflettori dell’alta cucina. “4 Ristoranti” celebra invece le gestioni familiari e il legame con il territorio. Questi programmi mostrano che la cucina di qualità non deve necessariamente essere sinonimo di alta ristorazione per essere apprezzata.
Esempi di eccellenza ignorata tra i ristoranti italiani
Un caso emblematico è quello della Langosteria di Milano, un ristorante noto per l’alta cucina di pesce ma trascurato dalle guide gastronomiche e dalla Michelin. Allo stesso modo, trattorie e osterie recensite da Slow Food e Golosario/Papillon, considerate bastioni della gastronomia tradizionale, spesso rimangono escluse dai riconoscimenti internazionali. È interessante notare che la Michelin all’estero premia persino gelaterie, mentre in Italia pizzerie di prestigio faticano a ottenere riconoscimenti equivalenti. Scarpato osserva come un ristorante francese possa ottenere una stella Michelin con piatti semplici come un piedino di maiale fritto, mentre una costoletta alla milanese di alta qualità incontra maggiori difficoltà.
La sfida culturale dei ristoranti italiani nel mondo (e della ristorazione italiana)
Due concetti influenti nella ristorazione italiana sono il “chilometro zero” e la dieta mediterranea. Sebbene molti ristoranti utilizzino ingredienti di alta qualità provenienti da tutto il mondo, come i gamberi di Mazara del Vallo o le carni di prestigio da Polonia e Australia, la dieta mediterranea è considerata da Scarpato un grande bluff. In parte, ciò è dovuto al rapido ricambio di personale nelle cucine e alla perdita di una cultura gastronomica profonda, che solo sporadici spot televisivi riescono a mantenere viva.
La ristorazione italiana nel mondo affronta sfide culturali e culinarie significative. La preservazione della cultura gastronomica, la scelta delle materie prime e il rispetto per le tradizioni locali sono essenziali per garantire un futuro solido e riconosciuto per la cucina italiana all’estero. Solo affrontando queste sfide, l’italianità culinaria potrà mantenere il suo prestigio e la sua autenticità a livello globale.