Post-epidemia, come sarà riaprire i ristoranti? La testimonianza di un ristoratore italiano in Cina

Emiliano Citi

Emiliano Citi

Ristoratori, proprietari di cocktail bar e wine bar si trovano ora nell’anno zero: attività totalmente ferme, locali chiusi, prenotazioni inesistenti. Il futuro lavorativo si prospetta incerto e la ripartenza non ha ancora una data.

Nel pieno disorientamento per gli effetti della pandemia Covid-19, è a Simone Crespi del ristorante Bucciano di Chengdu in Cina, che ho chiesto di farsi portavoce in Italia di come sarà il ritorno alla normalità. Pur nella consapevolezza che si dovrà fare i conti con uno scenario mutato, la testimonianza di Simone Crespi può essere un esempio di ripresa per gli operatori del settore.

simone crespi ristorante cina

Simone Crespi, classe 1972, milanese di nascita e cinese di adozione è uno dei tre proprietari di Bucciano. Prima di trasferirsi in Asia lavorava nel mondo dello sport con la Juventus. La sua attività si trova dal 2019 nell’Hugh Tech Zone a Sud di Chendgu, una zona in forte espansione residenziale e un punto di riferimento per il business.

È il tipico ristorante italiano all’estero: uno spazio raffinato, ma con l’eco delle tanto note trattorie che esibisce nel menù i piatti simbolo del Made in Italy. Simone Crespi è socio anche in un’altra realtà: una location per eventi in Toscana, nei pressi di Firenze.

A causa del Coronavirus, Bucciano in Cina è rimasto chiuso dalla Festa di Primavera fino alla fine di febbraio. Con Ristobusiness, in qualità di società di consulenza nel settore della ristorazione, mi sono sentito di organizzare una diretta dalla Cina, per permettere a Simone Crespi di diffondere la sua esperienza e chiedergli di fare delle previsioni. Aprendomi le porte del suo locale, mi ha parlato così:

Da titolare con attività sia nel Sichuan, sia in Toscana fai un paragone della situazione. In stato di crisi e piena pandemia da Covid-19 il “sentiment” è stato comune o differente? C’è stata una maggior tempestività e assistenza da parte delle autorità cinesi nella chiusura delle attività?
Purtroppo non torno in Italia da più di un anno. In Cina mi trovo molto meglio a livello lavorativo anche se, per alcuni aspetti, riscontro talvolta difficoltà di lingua e abitudini culturali. Qui, dopo alcuni problemi iniziali dati dall’allerta emanata dall’autorità di Wuhan, la risposta e direttiva del Governo è stata molto celere e decisa, con indicazioni chiare e obbligatorie per la popolazione e gli enti pubblici, per i commercianti e le istituzioni. I cinesi sono un popolo che reagisce subito agli imput. Tutti- dico tutti- hanno immediatamente rispettato e preso molto seriamente la situazione virale e, di conseguenza, hanno agito chiudendo le attività e rimanendo a casa sottoposti a controlli frequenti e costanti. Inoltre, gruppi di volontari (sia locali che non) si sono organizzati per informare e supportare gli stranieri in città..

Qual è stato il momento più difficile?
Non ho avuto momenti particolarmente difficili da menzionare, se non la noia e il forzato stato di “reclusione” delle prime settimane, dopo il Capodanno cinese quando era tutto letteralmente chiuso.

Come hai organizzato il tuo tempo durante lo stop? Come hai gestito le eccedenze di materie prime del tuo locale, la mancanza di entrate? Come hai rassicurato i tuoi dipendenti?
Leggendo, guardando la TV, svolgendo un po’ di attività fisica (sempre a casa) e dedicandomi a qualche lavoro domestico. In merito a Bucciano: programmando future attività di promozione (prima di poter attivare almeno il servizio di Delivery), pulendo e sterilizzando totalmente il locale (dalla cucina alla sala), riorganizzando il magazzino e i frigoriferi per gestire e sopperire alla perdita dei prodotti in scadenza. Durante la quarantena mi sono impegnato per mantenere ottimi rapporti con il mio team e i miei fornitori, dimostrandogli molta tolleranza e infondendogli supporto morale. Inoltre, c’è stata anche una reciproca comprensione a livello economico. Certo, lo spirito nazionalistico e la volontà di reagire trasmessa dal popolo cinese ci ha unito e aiutato.

Come ha reagito il popolo cinese nel tornare ad una vita regolare? I clienti come si comportano – ora – al ristorante? Che affluenza si registra?
Siamo stati fortunati, i cinesi amano l’Italia e in particolare nel Sichuan: in questa provincia la solidarietà tra le due nazioni risale al 1988 quando i nostri connazionali hanno mandato medici e soccorritori per i terremoti. C’è stato un boom iniziale nelle uscite dovuto a periodo passato in casa, ma ora la curva si è stabilizzata. I clienti quando arrivano nel locale, una volta rispettate le norme igenico-sanitarie e le regole comportamentali imposte dalle autorità, sono comunque rilassati e si divertono nell’uscire a cena. Lavoriamo con un’affluenza ridotta alla metà rispetto a prima; il delivery va per la maggiore, anche per gli acquisti di ingredienti nella nostra “bottega-shop” per ricette home-cooking.

Che norme igenico- sanitarie ha imposto lo stato alla riapertura delle attività di ristorazione?
Il Governo ci ha imposto di: lavorare solo su prenotazioni anticipate e di non creare code fuori dai locali. Tutti i clienti, appena arrivano nel locale, devono sottoporsi alla procedura di controllo della temperatura, indossare le mascherine, lavarsi le mani con il detergente fornito dalla struttura e lasciare le loro informazioni di contatto. All’interno sono vietate situazioni di affollamento: si può lavorare solo con il 50% dei coperti e i posti a sedere vanno ridotti al massimo (i tavoli grandi vanno distanziati di 3 m tra loro e le sedute vanno alternate con posizioni vacanti).

I prezzi del menù sono stati rivisti?
Personalmente non abbiamo sposato questa scelta: sono contrario ad abbassare la qualità del cibo per rapportarla ad un prezzo di vendita inferiore. Preferisco, piuttosto, attivare delle promozioni o gratificare il cliente offrendogli un dolce: questo mi porta alla fidelizzazione che, ora come ora, lavorando con un’affluenza ridotta è ciò che conta.

I format di ristoranti con formule a buffet, come hanno rimodulato la loro offerta?
I buffet non sono più stati fatti, così come gli aperitivi con stile “alla milanese”. Tutto si svolge su ordinazione. Per il beverage, i drink si portano al tavolo. Di conseguenza anche il servizio caffetteria, eliminando la possibilità di poter consumare croissant e bevande calde al bancone.

Quando ripartirà in Italia la ristorazione dopo il Coronavirus, cosa cambierà? Sarà l’era del Delivery?
Credo che la somministrazione con delivery stia già aumentando in Italia, soprattutto nelle grandi città già avvezze a questo tipo di servizio. Le persone forse opteranno per ordini a favore di un’International Cuisine, almeno per cambiare da quanto siamo già soliti cucinare. Noi di Bucciano abbiamo messo a disposizione dei kit per creare piatti a casa, che ci hanno dato un buon riscontro in termini di guadagno e hanno, inoltre, dato vita ad una sorta di “sfida” tra quanto realizzato nella propria dimora e la curiosità di confrontarlo con quanto offerto, qui, al ristorante.

Sulla base della tua esperienza, che tempistiche stimi per un ritorno alla “normalità” dei pubblici esercizi?
In Cina e, in particolare, a Chengdu dove risiedo e ho una percezione diretta, credo entro 2/3 settimane massimo. A breve riapriranno anche le scuole: questo è un segnale effettivo per il ripristino della quotidianità.

Cosa ti senti di dire ai ristoratori italiani per dargli forza e positività?
La situazione migliorerà. Ho vissuto il periodo della SARS in Cina (anche se ora nessuno la menziona più) e anche quella ha generato difficoltà, che sono state superate. Sfruttate queste pause per migliorare, rinnovare, organizzare meglio le vostre strutture e trovare nuove strategie di cooperazione e sinergie. Cercate di capire come potervi differenziare, rompete gli schemi, usate nuovi metodi di comunicazione. Insomma, siate mediateci: è questo il momento. Per concludere e rassicurarvi: non tutto il male vien per nuocere…

simone crespi ristorante Bucciano chengdu cina


Potrebbero interessarti anche