Umberto Ristorante di Napoli
Nel cuore di Napoli, in via Alabardieri, il tempo sembra essersi fermato, il ristorante pizzeria “Umberto” viene gestito alla vecchia maniera dall’Oste Massimo e dalle sorelle, le ostesse Lorella e Roberta che, insieme rappresentano la terza generazione di una grande famiglia di ristoratori e pizzaioli.
La combinazione giusta tra passato e presente che si ritrova anche negli spazi e negli arredi con le due sale: quella storica un po’ spartana in cui si conservano ancora i vecchi pavimenti e rivestimenti anni ’50, e una più moderna ed elegante.
Anche il menù si fonda sulla tradizione della cucina e della verace pizza napoletana, ma con una selezione dedicata all’innovazione e alla rivisitazione di piatti storici.
Intervista a Massimo di Porzio
Che ruolo ricopre, lei, all’interno della gestione del ristorante?
Sono l’amministratore. Ma in realtà, dato che gestiamo ancora il ristorante alla vecchia maniera, sono l’oste, cioè quello che accoglie le persone, si prende cura del menù e di tutte le faccende giornaliere. Chiaramente non sono solo, sarebbe impossibile, lavoro con le mie sorelle Lorella e Roberta, ostesse!
I numeri del ristorante
Quanti dipendenti, tra sale, cucina e pizzeria avete?
In tutto una ventina, tra gli stagionali e gli apprendisti. Molti sono giovani, ed è importante il ricambio generazionale in un’azienda storica.
Quanti posti a sedere ha il locale?
Circa centotrenta, disposti su due sale. Una storica (dove ancora conserviamo i vecchi pavimenti e rivestimenti anni cinquanta) che utilizziamo sostanzialmente come pizzeria, ed una più moderna ed elegante. Comunque da noi, i clienti scelgono: chi vuole sedersi e mangiare nella sala ‘spartana’ e storica, chi invece preferisce la comodità ed il calore della sala principale. Sono molto diverse, anche se nel tempo abbiamo uniformato la mise en place, che anticamente era molto diversa: da un lato il tovagliato, dall’altro il marmo… negli anni 50, si diceva la ‘prima’ e la ‘seconda classe’!
100 anni di storia
“Umberto” è uno dei più antichi locali di Napoli, ci può raccontare la storia?
Umberto Di Porzio era mio nonno e fondò il locale nel 1916, insieme ad Ermelinda. All’inizio era una piccola trattoria/cantina (nella prima licenza degli anni ’20 c’è scritto ‘bottiglieria’) dove Ermelinda cucinava polpette e ragù e Umberto si occupava della sala, dei clienti e soprattutto del vino, prevalentemente Gragnano, che veniva comprato e trasportato direttamente nelle botti. I figli Rosa, Flora, Bianca, Mario e Peppino aiutavano i genitori nella gestione della piccola cantina e spesso era presente anche il Nonno Vitale (mio bisnonno).
Alla piccola cantina si aggiunse nel 1926 il forno per le pizze napoletane: inizia in quell’anno la storia della pizza di “Umberto”, soffice e fragrante, fatta d’ingredienti genuini e di tanta, tanta tradizione. Già, perché Don Umberto già in quei tempi andava ripetendo che non era solo il cliente a fare il locale, ma erano soprattutto gli ingredienti genuini a dare una buona nomea all’esercizio.
Nell’inverno del 1951, Umberto ed Ermelinda decisero di lasciare il locale ai due figli maschi, ritenuti ormai maturi per succedere al “decano”, Giuseppe e Mario, accettarono il “locale” in una cerimonia ufficiale con tanto di brindisi, baci, abbracci, e coppa rappresentante la successione.
Giuseppe e Maio con Umberto e Ermelinda Di Porzio (1951)
Ed eccoci di colpo agli anni ’90, anni in cui Peppino e Maria, riescono tra mille peripezie a portare la “grande ammiraglia” alle soglie del 2000, alle soglie del nuovo millennio.
Oggi noi, nipoti di Umberto gestiamo il locale e la quarta generazione sta già per arrivare!
Lavorare da Umberto
Cosa la affascina di questo lavoro?
Sicuramente il rapporto continuo e lo scambio di informazioni e storie con il pubblico. Unito con la ricerca gastronomica che facciamo ogni giorno, per cercare di offrire ai clienti quello che ormai nelle case non si prepara più: dai sughi, ai piatti, alle pizze… Un cibo ricorda spesso episodi dell’infanzia o della vita ed è bellissimo quando qualcuno dice: questo piatto mi ha ricordato… Non dobbiamo mai perdere, nè rinnegare le nostre radici.
Fino ad oggi, qual è il suo ricordo più bello legato alla sua attività storica?
Ce ne sono tanti, ne racconto due. Quando ero piccolo, nella ‘prima classe’ c’erano due posteggiatori che allietavano il pubblico con un repertorio di canzoni napoletane classiche, spesso erano i clienti stessi ad esibirsi ed a cantare per la sala, altre volte cantanti famosi (come Domenico Modugno o Gianni Morandi). Io amavo sedermi in sala, di fronte ai posteggiatori ed ascoltare, compiacendomi del fatto che il pubblico oltre ad essere contento per il cibo servito, si rilassava ascoltando musica: ho sempre avuto come obbiettivo della mia attività ‘il benessere’ del cliente e già allora a sei anni, avevo dentro questa sensazione.
Domenico Modugno e Franco Franchi
Il secondo è recente, il 13 giugno 1916, la festa per il centenario del locale: uno sforzo incredibile per organizzare un evento che coinvolgesse tutta la nostra famiglia, il nostro staff, i nostri clienti e la citta di Napoli, per raccontare come una famiglia storica di Ristoratori e di Pizzaioli napoletani sia riuscita a traghettare l’azienda attraverso quattro generazioni, due guerre mondiali e due secoli di vita: una grandissima soddisfazione ed un grandissimo successo.
Filosofia, tradizione, innovazione
Qual è la filosofia di “Umberto”?
Sicuramente decliniamo in maniera moderna ed attuale la filosofia di mio nonno Umberto: attenzione alla qualità dei prodotti e accoglienza tipicamente napoletana.
Tra tradizione e innovazione. Come si presenta il menù?
Sia per i piatti del ristorante che per le pizze abbiamo un’impostazione simile: una sezione dedicata alla tradizione, con le pietanze e le pizze storiche napoletane e una sezione dedicata all’innovazione e alla modernità, con piatti e pizze della tradizione rivisitate e soprattutto con ingredienti stagionali e locali.
Il menù
Quali sono i piatti da provare assolutamente?
Sicuramente la ‘genovese’, che è un sugo classico napoletano fatto con la cipolla cotta a lungo con la carne di manzo e che noi serviamo con gli ‘ziti lunghi spezzati a mano’. Il baccalà sia fritto sia in cassuolacon pomodorino del Piennolo e cipolla o ancora le polpette napoletane al ragù, oppure in tre cotture (una fritta, una al forno e una al vapore) con i classici friarielli saltati in padella. Tra i dolci, il ‘Tiramisud’, che è una rivisitazione del classico italiano tiramisù, preparato dai nostri chef con prodotti del sud, ovvero babà, crema di limoni di Sorrento e noccioline di Giffoni.
La vera protagonista però, rimane sempre la pizza. Come si presenta?
Noi serviamo la pizza napoletana verace classica, secondo tradizione.
Quali sono le peculiarità della vostra pizza?
Sicuramente la cura dell’impasto e la scelta di una farina adeguata, come quella del Molino Polselli da sempre utilizzata nella produzione della nostra pizza. La caratteristica principale della pizza napoletana è l’artigianalità, nel senso che ogni pizzaiolo e ogni pizzeria, per quanto possano seguire lo stesso processo produttivo, fanno una pizza un po’ diversa. Quindi noi facciamo la pizza napoletana di ‘Umberto’ e i nostri clienti l’apprezzano.
Chi sono gli attuali pizzaioli e che formazione hanno?
Noi avevamo tanti anni fa un pizzaiolo storico, che conoscevano un po’ tutti a Napoli, Leopoldo D’Arienzo (secondo da sinistra nella foto del brindisi del 1951). Attualmente Gaetano Di Lorenzo e Enzo Mariniello sono i nostri principali pizzaioli e sono allievi di quel Leopoldo, mentre Vincenzo Galliano è un loro allievo. Così si perpetua la tradizione!
Quante pizze avete nel menù? Ci può citare le più rinomate?
Sono venti e per me già sono troppe. Non bisogna mettere troppe cose sulla pizza napoletana, al massimo 4 ingredienti, altrimenti non si cuoce bene (la cottura è velocissima, circa 60 secondi). Una a cui sono molto legato, è la ‘Scarpariello’, inno alla semplicità: pomodoro pelato (meglio se San Marzano), aglio, formaggio grattugiato (misto di Parmigiano e pecorino romano), basilico fresco e pepe. Il nome viene dai vecchi calzolai dei quartieri spagnoli di Napoli. Una più moderna, invece, è la ‘Regno delle 2 Sicilie’, con provola d’Agerola, ricotta di fuscella, pistacchi, zest di limone e una grattugiata di pepe.
Qualità a 360°
Per mantenere stardard qualitativi alti. Ci può raccontare come selezionate i fornitori e le materie prime?
E’ la cosa più difficile. Io sono agevolato, in quanto per rapporti associativi e relazioni della AVPN, vengo a contatto con tanti ottimi produttori, nazionali e locali e quindi ho la possibilità e la fortuna di poter assaggiare molti prodotti prima di proporli ai nostri clienti.
Attenzione è riservata anche alla carta dei vini. Ci può illustrare brevemente come si compone?
Mia sorella Lorella, essendo delegata regionale delle donne del Vino, ha tante occasioni pubbliche per poter selezionare ottimi vini. Questa selezione che punta molto alle piccole cantine e ai prodotti di nicchia, prevalentemente campani, viene presentata ai clienti con un iPad, una applicazione nostra che si chiama ‘iVini’ e che descrive caratteristiche e abbinamenti ottimali di ogni vino. Resta però il rapporto umano con il cliente, che prima legge e poi si lascia sempre consigliare!
Secondo lei, qual è il segreto del successo del suo ristorante/pizzeria?
Io amo dire che siamo ‘fuori dalle mode’ perché non le seguiamo, ma siamo al centro del mondo della ristorazione e della pizza napoletana, nel senso che ci conoscono tutti. Quando qualche napoletano ha ospiti e vuole presentare la cucina napoletana spesso viene da ‘Umberto’, perché sa che può trovare quelli che sono i tre fattori del nostro successo: accoglienza, qualità ed educazione.
Come Vicepresidente di AVPN, cosa pensa dell’evoluzione della pizza napoletana?
La prima cosa da dire è che nel corso degli anni la diffusione della conoscenza tecnica degli impasti e delle caratteristiche della pizza napoletana ha sicuramente accorciato i tempi di apprendimento dei giovani (di età o di approccio al settore). I vecchi pizzaioli insegnavano il mestiere in pizzeria e c’era una severissima gerarchia e dei lunghi tempi d’insegnamento, si insegnava il mestiere e non semplicemente a fare la pizza!
Oggi è completamente diverso: i ragazzi studiano più a lungo e quindi iniziano a lavorare un po’ più tardi. Spesso si vuole tutto e subito, quindi si cerca di “scimmiottare” i pizzaioli che vanno per la maggiore, cercando di aggiungere qualcosa di personale alla propria pizza, per fare più effetto. Io credo invece che, come il buon vino e il buon impasto (kalò!) bisogna attendere il tempo giusto, seguire le scuole giuste (come quella dell’AVPN) e soprattutto innovare rispettando la tradizione e la storia: che vuol dire studiare i processi, i prodotti e i materiali e migliorare quello che è migliorabile, senza stravolgere la tecnica antica.
Leggi anche “Roman Pizza Academy, l’esplosione del nuovo trend a Miami”
Courtesy: Umberto Ristorante