Vino: fritto o pizza?
Fritto è buono tutto e se a qualche mio connazionale non piacesse la pizza, in certe zone del nostro paese potrebbe non vedersi rilasciata la cittadinanza. Le varianti su entrambi i temi sono davvero numerose.
Le fritture, ad esempio, incrociano materia prima (carne, pesce, verdure e persino frutta) ed elementi legati alla preparazione. Pensiamo ai grassi utilizzati per la frittura: olio d’oliva, di semi vari, di arachide… Ciascuno con il suo specifico punto di fumo, senza considerare poi i grassi di origine animale, indispensabili per alcune preparazioni.
Se tuttavia fino a pochi anni fa le differenze inerenti al fritto erano locali o al massimo regionali, oggi, grazie anche alle divagazioni croccanti – penso alla tempura – il fritto è diventato globale. Mi riferisco alle farine da impiegare nell’infarinatura o nella panatura, senza contare poi tutte le ricette relative alla pastella (acqua gassata fredda, birra ecc…).
La pizza? Uguale, considerando che dalla ristretta lista d’ingredienti di una marinara o di una margherita, si è arrivati, specie negli States, a stranezze relative ai condimenti e, più di recente ma fortunatamente in questo caso a casa nostra, alle pizze cosiddette gourmet. Spesso vere e proprie sublimazioni del disco di pasta lievitato, ma in altri casi poco più di un pretesto a base di farina su cui depositare gli ingredienti.
Cosa abbinare al fritto?
Le bevande in accompagnamento debbono nel caso del fritto assolvere ad una funzione che potremmo de nire detergente – l’untuosità del palato in qualche maniera va tolta – mentre per la pizza serve un ‘sorso’ immediato, dissetante, ma non per questo banale.
Un esempio? La birra. Non una stranezza a tutti i costi o una tipologia molto saziante, che magari andrebbe a coprire il gusto del fritto o della pizza. Meglio allora una birra cruda, con uno spiccato lato fruttato e perché no agrumato – penso all’Originalis di Peelpie – in grado di bilanciare la nota amara del luppolo e accompagnare con disinvoltura quelle pizze dai topping salati o un fritto vegetale. Ci vuole perciò equilibrio per essere un buon abbinamento con fritto e pizza, lo stesso che si può trovare anche nei vini rossi o rosati, varianti “effervescenti comprese”.
Vino, fritto e pizza: Lambrusco, Pinot Nero, Cruasè
Qualche esempio? Un Lambrusco oppure un rosé metodo classico, come il Cruasè prodotto nell’Oltrepò Pavese. Nel primo caso un Sorbara potrebbe andare sia con fritto che con la pizza, a patto che quest’ultima non sia troppo sapida o priva di elementi succulenti. Allora la scelta più appropriata potrebbe essere quella di un Lambrusco ottenuto dalla varietà Maestri, come l’Otello NerodiLambrusco 1813 delle cantine Ceci, in cui non si viene meno rispetto alla sensazione asciutta della varietà Sorbara, ma la si arricchisce con succose tonalità più morbide che ricordano la mora.
Il Pinot Nero spumantizzato in rosa non sarà forse una scelta super autoctona, anche se dalle parti dell’Oltrepò Pavese il Pinot Nero si è adattato piuttosto bene ormai da diverso tempo, riuscendo per altro a toccare vette qualitative molto alte.
Il Cruasè della Tenuta Mazzolino, metodo classico ricavato da questa varietà, rimane per quasi due anni sui lieviti, sviluppando quelle sensazioni acide di frutti di bosco, abbinate a una struttura elegante che lo premiano con una pizza gourmet, come con un appetitoso fritto misto all’italiana, in cui anche frutta e carne sono protagonisti della croccantezza.
Vigna della Signora ed Etna Bianco Altamora
Per i bianchisti due proposte invece che esulano dal classico vitigno internazionale. Un uvaggio dalla Romagna con il Vigna della Signora di Torre San Martino e un autoctono nudo e crudo come l’Etna Bianco Altamora prodotto dalla cantina Cusumano. Il primo vino, teso ma al tempo stesso ricco di tonalità di frutta a pasta bianca, si abbina alle pizze classiche della tradizione e, in tema di sfrigolio, a un fritto di crostacei, ma anche con delle meno nobili zanchette, sorta di piccole soglioline.
L’Etna Bianco invece è un vino che viene dalle pendici dell’Etna e deriva esclusivamente da una grande uva come il Carricante. Se il nome ricorda l’attitudine alla produttività del vitigno, in bocca la sapidità e la succosità agrumata, venata da quel tanto di balsamicità, lo rendono adatto a un fritto vegetale; non uno qualunque però. Lasciate perciò da parte le solite julienne di zucchine, per sbizzarrirvi con borragine, salvia e altre erbe aromatiche da gettare, dopo averle semplicemente infarinate, nell’olio caldo. E con la pizza? Sceglietene una senza pomodoro, ma condita con fiordilatte, fiori di zucchina, un nonnulla di provola affumicata e provate a cronometrarvi. Piatto e bicchiere si svuoteranno a tempo di record.