L’Italia è il paese della ristorazione per eccellenza, della buona cucina che fa scuola in tutto il mondo e dell’accoglienza. Viene, quindi, da pensare che il settore sia in perfetta salute e che possa godere di condizioni altamente favorevoli per il futuro. Purtroppo non è del tutto così.
Lo stato dell’arte della ristorazione italiana
Se è vero che il settore è ricco, e non subisce gli effetti della crisi (il 35% della spesa totale complessiva in Italia viene destinato alla ristorazione), è anche vero che sono più i ristoranti che chiudono rispetto a quelli che aprono. Un mercato che nel 2018 è cresciuto fino a 85 miliardi e per assurdo ha un saldo negativo nella differenza tra le attività ristorative che si avviano e quelle che chiudono per sempre. Gli ultimi numeri del rapporto FIPE lo confermano. Nel 2018 il saldo è stato di – 12.444 attività. Di questo passo il rischio è che la ristorazione italiana sparisca e che venga sostituita dalle grandi catene internazionali. Il processo è già in atto e non può essere arrestato, basta guardare come prodotti che ci hanno sempre caratterizzato nel mondo siano nelle mani di multinazionali straniere.
Perché le attività ristorative chiudono
In primo luogo, a causa delle scarse competenze tecniche ed imprenditoriali di coloro che decidono di aprire un’attività ristorativa.
Bisognerebbe porsi alcune domande fondamentali:
• L’attività che si sta aprendo ha ragione di esistere?
• È giusto aprirla in quella location?
• È giusto aprire quel tipo di attività?
Alla maggior parte dei ristoratori medi parole come piano di fattibilità, business plan, analisi del mercato e della concorrenza risultano del tutto sconosciute. Di conseguenza, si finisce per aprire attività senza alcun tipo di studio e, per giunta, simili se non uguali ad imprese già esistenti, senza alcuna strategia di posizionamento e di differenziazione.
L’altro aspetto è quello legato alla mentalità imprenditoriale. Nel comparto dei bar, poco più del 13% sono società di capitale, oltre il 54% sono ditte individuali e il 31% sono società di persone. Dunque, oltre l’85% dei bar è composto da persone e ditte individuali.
L’assetto giuridico delle aziende ristorative italiane
Nella ristorazione vera e propria, le società di capitale sono poco più del 21%, il 48% delle attività sono registrate come ditte individuali, il 29% come società di persone. L’incidenza delle società di capitale è, quindi, molto bassa e ciò la dice lunga sulla mentalità imprenditoriale degli italiani in questo settore. Chi apre un’attività di ristorazione non pensa a creare sviluppo, ad un format replicabile e che abbia successo.
Altrove non è così.
Negli Stati Uniti, ad esempio, si investe nella ristorazione con l’obiettivo di ottenere successo sotto tutti i punti di vista.
Ricapitolando, dunque, è necessario che i ristoratori trasformino una mentalità che è troppo spesso simile a quella dell’artigiano (con tutto il rispetto per queste figure) ad una a vocazione prettamente imprenditoriale.
È fondamentale comprendere in che modo il mercato è cambiato. Bisogna, in primo luogo, partire da uno studio di fattibilità ed avere l’onestà intellettuale, il coraggio e l’umiltà di accettare ciò che emerge da quest’analisi, anche se dovesse rivelarsi negativa e, quindi, sconsigliare l’apertura dell’attività ristorativa.
Le previsioni per il 2019
Le previsioni per il 2019 confermeranno il trend negativo degli ultimi anni. Probabilmente, si creerà un divario sempre più forte tra la ristorazione tradizionale ed i nuovi format del food, noti anche come fast casual restaurant, i quali sono focalizzati, hanno idee differenzianti molto precise e si posizionano sul mercato con una proposta unica e vincente ben riconoscibile. Ci saranno attività ristorative che continueranno ad essere gestite a livello familiare ed approssimativo e che saranno costrette a chiudere perché non disposte ad ascoltare il mercato ed i consumatori e a recepire i cambiamenti in atto. Dall’altro lato ci sarà una ristorazione con format innovativi in cui, molto probabilmente, entreranno a far parte società con capitali importanti che ne accelereranno gli sviluppi e le prospettive di crescita.
Migliorare gli utili di un’attività ristorativa: i 4 punti da cui partire
• Primo Punto: applicare un sistema che parta da un controllo di gestione quotidiana (quanto si acquista ogni giorno in materie prime, quanto si incassa progressivamente, quanto incide in percentuale quello che stai comprando rispetto a quello che stai incassando, un indicatore giornaliero della produttività oraria del personale, un indicatore giornaliero del costo pasto e del ricavo medio) per migliorare le performance dell’attività.
• Secondo punto: applicare un metodo legato alle marginalità e al food cost con schede ricette ed ottimizzazione degli sprechi.
• Terzo punto: effettuare un’analisi delle vendite e concentrarsi sui piatti che meglio identificano l’attività ristorativa e sui quali andare a migliorare ed aumentare le marginalità.
• Quarto Punto: bisogna predisporre un piano di incentivi e di obiettivi per il personale e considerarli quali attori fondamentali e strategici ai fini del successo di un’attività ristorativa. Questo è l’unico modo affinché un’attività possa sfruttare il proprio personale per aumentare gli utili.